Da Il Corriere delle Alpi del 10 novembre
Il prossimo summit mondiale sul clima, conosciuto anche come Cop21, previsto a fine mese a Parigi, rappresenta un appuntamento necessario per raggiungere un accordo operativo, per niente scontato, efficace fra tutti i Paesi, su un tema, quello del global warming, che ha fatto fatica ad entrare non solo nell’agenda politica internazionale e locale, ma che ha stentato anche ad entrare nella percezione collettiva dell’opinione pubblica. Un tema forse apparso lontano, impercettibile se confrontato con la forza di temi immediati come il rischio nucleare, la contaminazione alimentare, l’inquinamento.
Solo ultimamente l’aumento dei fenomeni estremi di pioggia ha iniziato ad aprire una breccia, anche grazie alla recente enciclica del Papa, “Laudato sì”, che con forza e autorevolezza ha posto il tema del clima al centro degli impegni dei governi ma anche dei comportamenti di ogni individuo. Siamo, quindi, forse ad una svolta, e la Conferenza di Parigi può rappresentare un nuovo punto di partenza, e l’impegno dell’Europa e dell’Italia deve essere centrale, anche per far scattare le misure prima del 2020, come ipotizzato. A meno di un mese dalla Conferenza leggere “Un nuovo clima, come l’Italia affronta la sfida climatica”, il libro di Francesca Santolini edito da Rubbettino, è di grande utilità per ogni tipo di lettore, su un tema relativamente al quale luci ed ombre si accavallano.
L’autrice raccoglie un ampio ventaglio di contributi, autorevoli e rapidi, dei principali attori della politica energetica e ambientale italiana: governo, enti locali, imprese, associazioni ambientaliste, istituti di ricerca. Leggere il libro aiuta a farsi un’idea del problema, dei rischi, degli impegni che ci stiamo prendendo come Paese e delle possibili soluzioni.
I molti accordi firmati negli scorsi anni a partire da Rio ’92 non sembrano aver prodotto molti risultati – le emissioni sono aumentate, la domanda di energia anche – ma alcuni dati sembrano andare nella direzione giusta: migliora l’efficienza energetica specie nell’industria e nelle centrali elettriche, aumenta la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili, si riduce il ricorso al carbone a vantaggio del gas, aumenta il riciclaggio di materiali.
Gli obiettivi sono chiari: contenere l’aumento della temperatura della Terra entro 2 gradi rispetto all’era preindustriale, e per fare questo l’Europa si è presa l’impegno di ridurre le emissioni di gas serra (anidride carbonica, metano) del 40% entro il 2030. Un impegno che andrà esteso a tutti i Paesi del mondo (saranno oltre 200 a Parigi) con il criterio di equa ripartizione fra ricchi e poveri.
Ma cosa significano questi obiettivi in termini concreti, di impatto sulla vita quotidiana? Prima di tutto fare questo comporta una mobilitazione economica gigantesca per trasformare il sistema produttivo ed energetico nel senso della green economy: 5 miliardi di dollari entro il 2035. Ma non fare niente costerebbe 500 milioni di dollari in più: non abbiamo alternative. Si tratta di una mobilitazione economica ed industriale che è già iniziata: in Italia la green economy e gli interventi di “decarbonizzazione” valgono 100 miliardi di valore aggiunto (il 10% del Pil) e 3 milioni di posti di lavoro.
Le cose da fare sono chiare e definite. Se l’industria ha fatto in questi anni la sua parte nel campo dell’efficienza energetica, del riciclaggio e della produzione di energia da fonti rinnovabili, riducendo le emissioni del 25% dal 1980, ora i settori su cui intervenire sono i trasporti e i consumi energetici civili. Rappresentano più del 50% dei consumi finali di energia, e gli sforzi fatti in questi anni sono modesti: sviluppo del tpl a scapito di quello privato, sviluppo della mobilità elettrica e sostenibile, cambio totale del parco mezzi, efficientamento di uffici pubblici, scuole, ospedali, illuminazione pubblica, aumento di riciclaggio e progettazione sostenibile dei prodotti.
Uno sforzo che vedrà come attori principali i governi nazionali e locali, le aziende di servizio pubblico locale e nazionale, che dovranno individuare ognuno nei propri ruoli: risorse, strumenti di finanziamento, tassazione ambientale, incentivi, politiche industriali, green public procurement, politiche per le smart city. Una sfida epocale per un mondo migliore.
di Alfredo De Girolamo
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