«Il fatto della famiglia Cervi ha, nella sua semplice realtà, tutti gli elementi per diventare leggenda», affermò Pietro Calamandrei nel 1954. E così è stato, al punto che l’anno scorso, sulla facciata di un edificio nei pressi di Campegine, è apparso nell’arco di una notte un graffito raffigurante Alcide, padre dei sette fratelli reggiani uccisi dai fascisti nel dicembre del ’43, eseguito da giovani writers idealmente appartenenti alla generazione dei pronipoti. Quell’immagine è divenuta ora la copertina di “Papà Cervi e i suoi sette figli. Parole della storia e figure del mito“, saggio del sociologo Marco Cerri, pubblicato dall’Istituto “Cervi” per il 70° anniversario della Resistenza, che indaga quella leggenda di cui parlò Calamandrei, generata dallo stesso antico processo creativo visto da Socrate come rivestimento fantastico di un fatto reale. Come e perché, dunque, è nata la saga dei Cervi? Per spiegarne le ragioni l’autore intraprende un nuovo e originale percorso, mettendo a fuoco le peculiari componenti di una rappresentazione collettiva nella quale documenti e testimonianze si sovrappongono alla ricostruzione storica, a narrazioni e miti. In tal modo le individualità dei fratelli Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore si legano ad azioni eclatanti, come il giro in paese con il nuovo trattore e il mappamondo (simboli di progresso e conoscenza), la “pastasciutta antifascista” per festeggiare la caduta di Mussolini o la scelta di formare una delle prime bande partigiane. La grande personalità del vecchio Alcide si esprime nel ruolo particolare da lui assunto dopo l’eccidio dei figli, di emblema della Resistenza e di una saggezza che sintetizza in aforismi (“dopo un raccolto ne viene un altro”) il rapporto fra storia e cultura contadina. L’impegno determinante quanto controverso del Pci e di intellettuali di sinistra nel dopoguerra, per delineare l’eroica figura di papà Cervi, contribuisce alla nascita di un movimento popolare che ritrova in questa tragica, ma nel contempo edificante, vicenda, le proprie identità e aspettative, trasformando la residenza di Gattatico in un luogo di pellegrinaggio laico, come lo definisce lo stesso autore. Questo ed altro sarà possibile trovare nel libro di Marco Cerri, che si conclude con un’affermazione forse amara, ma interlocutoria verso i visitatori di casa Cervi, affinché non divengano «antropologi della memoria di mondi in via d’estinzione».
di Giovanni Guidotti
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- 2014.04.29
La saga dei sette Cervi. Così da storia si trasformò in mito
di Giovanni Guidotti