Un bel libro, quello di Rossella Pace, che ha curato la pubblicazione delle memorie sulla Resistenza Liberale di Cristina Casana.
La presentazione del libro, pubblicato nel 2018 per i tipi di Rubbettino, è avvenuta il 5 Febbraio 2019 nell’Istituto Luigi Sturzo di Roma. Ne hanno discusso Luigi Compagna, Fausto Bertinotti, Antonello Folco Biagini, Eugenio Capozzi.
Il dibattito è stato molto interessante anche perché sono stati posti in luce il ruolo del protagonismo femminile di stampo liberale e il significativo coinvolgimento di molti esponenti dell’aristocrazia nella Resistenza.
Le memorie di Cristina Casana sono ricche di episodi importanti che hanno caratterizzato la Resistenza Liberale contro il fascismo e il nazismo. Anche i suoi incarichi, svolti a livello nazionale e internazionale nella seconda metà del ‘900, sono lo specchio del nuovo impegno delle Donne dopo l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana.
Fa bene Rossella Pace a porre l’accento sulla grave “dimenticanza”, anche storiografica, circa il ruolo svolto dai Liberali nella Resistenza. Testualmente, scrive: “Dimenticanza, questa, imputabile in parte alla letteratura scientifica, ma, anche e soprattutto, allo stesso Partito Liberale che non ha mai riconosciuto pienamente il contributo determinante di molte figure femminili a quella che Ercole Camurani in primis, definì la Resistenza Liberale: Non lagniamoci poi se l’antifascismo è stato monopolizzato da comunisti e azionisti quando noi siamo stati così cattivi custodi della memoria. Va sottolineato che immediatamente dopo la liberazione venne meno lo ‘spirito resistenziale’, e molti …preferirono tacere.”
“Lasciare la gloria a chi parlava a voce più alta” è stato non solo un errore, ma un modo per far venire meno lo spirito costituente e per cancellare la memoria di una pagina di storia molto importante e molto significativa.
Invero Rossella Pace auspica che la pubblicazione del suo libro possa essere di stimolo a riscrivere una nuova pagina della resistenza volta al recupero di una memoria comune del nostro recente passato.
Il diario di Cristina Casana è ricchissimo di episodi significativi e di nomi importanti, non solo dell’aristocrazia, tutti impegnati nella Resistenza. Spiega, in concreto e senza teorizzazioni, la motivazione profonda che teneva insieme, durante la lotta partigiana, le forze politiche nascenti dopo i disastri provocati dal fascismo. Ecco alcune parole significative: “Novedrate fu sede delle trasmissioni radio in aiuto ai partigiani, fu luogo di riunioni del governo clandestino dell’Alta Italia. Al di là dei credi politici o religiosi eravamo tutti uniti e solidali. Fu un periodo bellissimo, dove i pericoli non mancavano, ma l’entusiasmo e la gioventù li nascondevano in parte; restava la solidarietà …”
Nelle memorie di Cristina Casana, cattolica e liberale, ci sono tracce di episodi e personaggi, dal ruolo del comunista Dozza poi sindaco di Bologna, ai tanti aristocratici impegnati nella lotta partigiana, rimasti da troppo tempo nell’ombra della storiografia.
Sottolineo che nel diario di Cristina Casana non manca il ricordo della “rabbia ed il pianto alla nostra dichiarazione di guerra festeggiata con canti e bandiere da incoscienti nostri giovani conoscenti!”
Quando Cristina Casana annota gli episodi significativi della caduta di Mussolini e del come il capo del fascismo fosse stato messo dai tedeschi a capo della Repubblica di Salò, appare di tutta evidenza il grado e la consapevolezza dei tanti liberali impegnati nella “lotta clandestina: La Resistenza!”.
Da parte sua, Rossella Pace, nel curare il volume, rivolge ringraziamenti alle persone che hanno “seguito l’intera gestazione dell’opera”: Emma Cavallaro, Antonella Ciuffini, Luigi Compagna, Raffaella Della Bianca, Guido Levi, Cinzia Messori, Letizia Moratti, Stefano Parisi, Laura Pillotti, Florindo Rubbettino, Roberto Sciarrone, Maurizio Serio, Alessandro Vagnini, Eugenio Capozzi, Guido Lenzi Ercole Camurani, e Fabio Grassi Orsini. Alla memoria di quest’ultimo viene dedicato il libro che è stato stampato quando ormai Fabio Grassi Orsini ci aveva lasciato.
Faccio questa precisazione su Fabio Grassi Orsini perché sono rammaricato di non avere avuto il tempo di sviluppare con lui alcuni argomenti che gli stavano a cuore e che mi aveva anticipato lo scorso 22 giugno 2018 quando, in un evento presieduto da lui e da Luigi Compagna, ebbi modo di svolgere una relazione su “Salvatore Valitutti e la crisi dello Stato”. Relazione compresa nel mio libro[i] recentemente pubblicato da Rubbettino col titolo “Pietre”.
So che non è carino che io citi me medesimo e il mio libro in questa recensione. Ma mi preme sottolineare che nei nostri giorni caratterizzati da un presente senza memoria storica, stiamo assistendo ad uno strisciante e quasi occulto tentativo, fortemente influenzato dalla Lega, di pervenire all’approvazione della così detta “autonomia regionale differenziata”. Ciò sta accadendo mentre l’opinione pubblica viene distratta da tensioni crescenti con Paesi europei, a cominciare dalla Francia, e da una ineffabile propaganda razzista e xenofoba. Sono in tanti, e autorevoli, i costituzionalisti che ci avvertono su circostanze volte a determinare, nel giro di poche settimane, la mutazione forse irreversibile della nostra architettura istituzionale e la destrutturazione della nostra Repubblica. Solo per citarne uno, ricordo che recentemente il costituzionalista Massimo Villone, Presidente del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale, ha affermato che “la secessione è strisciante e occulta”.
Al riguardo, oso sottolineare che l’unità d’Italia, voluta e costruita dai Liberali, debba ritrovare in questi giorni e nelle prossime settimane l’occasione di un nuovo impegno di tutti innanzi ai pericoli di una secessione non dichiarata ma attivata dal così detto “autonomismo differenziato”.
Ricordo, in proposito, la lotta intensa e non a lieto fine che fece il liberale Malagodi nella seconda metà del ‘900 contro la nascita in Italia dei carrozzoni regionali (i cui principali punti di critica hanno tutti trovato puntuali conferme nei decenni successivi). Ora i Liberali, capaci di saper dare risposte alle esigenze dei primi e degli ultimi, non possono restare in silenzio e, a mio avviso, debbono raccogliere i richiami dei costituzionalisti e dei soggetti che stanno mettendo a fuoco i pericoli di scelte conseguenti anche alla poco accorta, per non dire sciagurata, riforma del titolo quinto della Costituzione. Una riforma, quella del 2001, varata dall’Ulivo a stretta maggioranza delle Camere e poi confermata dal successivo referendum ex art. 138 con la “Casa delle Libertà” non impegnata ad opporsi. Furono prevalenti, in quella occasione, troppe indulgenze e troppe concessioni alle rivendicazioni della Lega che si inventò, fin dalla sua nascita, il culto del “Dio Po”.
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