Da Il Giornale di Brescia del 15 febbraio
Se l’Ottocento è stato il secolo della camorra e il Novecento quello della mafia siciliana, l’attuale sembra essere il secolo della ‘ndrangheta. Lo spiega Isaia Sales – docente di Storia delle mafie all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – nel saggio «Storia dell’Italia mafiosa – Perché le mafie hanno avuto successo» (Rubbettino, 444 pagine, 19,50 euro), dove spiega come il mafioso sia nella storia il superamento del bandito, del brigante e del pirata; e come l’assassinio di mafia obbedisca a un fine razionale e a una strategia: creare reputazione trai ceti che cercano sicurezza e non riconoscono allo Stato la capacità di garantirla.
Prof. Sales, perché la violenza mafiosa è stata utile agli equilibri della nazione?
Le mafie sono parte integrante della storia del potere in Italia e fanno parte a pieno titolo della storia sociale, politica ed economica del nostro Paese. Perché il Sud non è altra cosa dall’Italia, non è un mondo isolato, ha e ha avuto relazioni stabili con la storia patria, che ha influenzato e da cui è stato influenzato. Negli Stati moderni nessuna forma di potere occulto, soprattutto se violento, può affermarsi, consolidarsi, durare tanto a lungo se non è in relazione permanente con il potere ufficiale, costituito, istituzionale.
Come sintetizza le relazioni tra potere mafioso, potere politico e potere giudiziario nel novantennio che va dall’Unità d’Italia al dopoguerra?
Dal 1861 al maxi processo del 1986 nel distretto di Palermo sono stati inflitti solo 10 ergastoli a mafiosi, nonostante migliaia di delitti. Più di 500 da quel processo in poi. Per più di un secolo e mezzo la mafia siciliana è rimasta sostanzialmente impunita. Dei cinquanta assassinii di sindacalisti, dirigenti contadini e bracciantili avvenuti nei primi anni del secondo dopoguerra nessun colpevole è stato punito. Per decine e decine di anni i capi mafiosi sono stati latitanti senza muoversi dai loro territori. È immaginabile tutto ciò senza un rapporto stretto con i poteri dello Stato?
La modernizzazione del Sud del secondo dopoguerra, con il massiccio intervento pubblico, sembrava mettere fuori gioco le mafie. Così non è stato. Perché?
Le prime difficoltà economiche misero in crisi l’intervento pubblico nel Sud; ritornò e si rafforzò di nuovo un consenso alle mafie, questa volta basato molto sulla capacità di far fronte a esigenze economiche di larghi strati di popolazione che non erano riusciti a inserirsi in tempo nel cambio di condizione sociale offerto dallo Stato. Perché? Il tipo di modernizzazione che interessò il Sud non si rivelò per nulla nemica delle mafie, le quali invece, dimostrarono sorprendenti capacità di adattamento.
Tra tutte le mafie nel mondo nessuna è più globalizzata della ‘ndrangheta calabrese. Perché?
Nello splendido libro di Don Winslow «Il cartello», sul narcotraffico in Messico, si parla anche del ruolo della ‘ndrangheta. Appena 20 anni fa negli Usa la mafia si identificava solo con Cosa Nostra siciliana, oggi anche nella letteratura americana si è affermata la centralità internazionale della criminalità calabrese. Il ruolo attuale della ‘ndrangheta è dovuto al formarsi in diverse nazioni – dove i calabresi sono emigrati – di organizzazioni criminali dipendenti in gran parte dalla casa madre in Calabria, che si è consolidata grazie alla totale sottovalutazione di cui ha goduto. Mentre la ‘ndrangheta si insediava al Nord già negli anni Settanta del Novecento e lì reinvestiva i proventi dei numerosi sequestri di persona, in tanti in Italia (a partire dalle forze dell’ordine e della magistratura) ritenevano che della ‘ndrangheta non bisognasse preoccuparsi perché meno pericolosa della mafia siciliana.
Cosa intende per «politicità delle mafie»?
C’è, evidente, una vicinanza, una sintonia tra il sistema clientelare nell’uso delle risorse pubbliche e il sistema mafioso. O meglio, il sistema clientelare apre le porte degli enti pubblici ai mafiosi, i quali una volta entratine diventano egemoni perché hanno a disposizione l’arma dellaviolenza. Il sistema clientelare legittima il sistema mafioso. E non si tratta più solo di un problema meridionale.
di Sergio Caroli
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