Essere un medico, chirurgo oncologo, trovarsi ad avere la vita dei pazienti nelle proprie mani, raccogliere la fiducia di chi soffre e spera. E confrontarsi con i famigliari che aspettano fuori dalla sala operatoria il risultato di un intervento dal quale dipende la sopravvivenza di coloro che amano. Ma, dentro quella sala, fare i conti da solo con l’esperienza e coscienza personali, con le proprie mani come strumento principe per vincere la malattia. Sulla professione di chirurgo oncologo, su quello che vuol dire studiare e lottare per poter salvare tante persone dal cancro, sul significato di essere un chirurgo oncologo, sono usciti in questi giorni due libri. In un momento in cui specialisti e medici sono al centro dell’attenzione generale, i ricordi sparsi e le storie raccolte da due figure d’eccellenza nel settore aprono una finestra davvero interessante non solo su una parte importante del nostro sistema sanitario nazionale, ma anche sui sentimenti, sofferenze e speranze dei malati e dei loro famigliari.
Alfredo Garofalo, uno degli specialisti in chirurgia oncologica più stimati a livello internazionale, firma Con quelle mani (Emersioni) una sorta di antologia intrecciata con pezzi di vita vissuta, esperienze e traguardi raggiunti. Ma anche uno specchio del dolore visto da vicino, e della voglia di farcela. È di Giovanni Battista Grassi, direttore scientifico della chirurgia generale oncologica e d’urgenza nel Policlinico Nuovo Casilino di Roma, La porta si apre (Rubettino) che, con la prefazione di Carlo Verdone, racconta la quotidianità di un chirurgo attraverso le tante storie di pazienti, dapprima sconosciuti, ma con i quali è spesso nato, in seguito, un feeling profondo.
“Ricordi di vittorie sulla malattia e di sconfitte dolorose , ricordi di figli in ansia per i genitori, di compagni di vita che temono di perdere il loro bastone della vecchiaia , di genitori disperati”.
Alla luce della sua esperienza, come riassumerebbe il senso della professione di chirurgo oncologo?
Alfredo Garofalo: “Ho sempre desiderato essere medico perché mettermi al servizio degli altri era l’unico modo di dare un senso alla mia vita; approdato alla chirurgia, è stato naturale dedicarmi ai veri viaggiatori della sofferenza dei nostri tempi, i malati di cancro. Vivere da Chirurgo Oncologo ha significato camminare su quelle strade insieme a chi mi ha concesso la propria fiducia, consapevole di porre la sua vita nelle mie mani. Il malato che si rivolge a noi sa che soltanto la chirurgia è in grado di assicurargli la guarigione: dobbiamo essere sempre disposti al colloquio, il nostro approccio deve essere empatico, sincero ma non crudo, rassicurante ma non consolatorio.
Al tavolo operatorio bisogna essere obiettivi ed equilibrati, coraggiosi da affrontare in sicurezza le difficoltà, senza farsi prendere dal delirio di onnipotenza di fronte a situazioni impossibili da affrontare.
La ricerca infine è un aspetto fondamentale della nostra professione: il Chirurgo che si cimenta con il cancro non è solo un Chirurgo, ma un Oncologo Chirurgo, in grado di comprendere i risultati della ricerca di base e di integrarli nella sua pratica quotidiana, contribuendo al loro sviluppo con la sua esperienza e rigore intellettuale”.
Giovanni Battista Grassi: “La risposta sta nel titolo del mio libro, La porta si apre. Per un chirurgo oncologo la porta che si apre e’ una costante , la porta dell’ambulatorio, dello studio, della sala operatoria al termine di un intervento …Ogni volta una sensazione diversa, ogni volta un’emozione intensa. La porta si apre ed entrano i pazienti, a volte soli, a volte circondati dall’amore di una famiglia, di un genitore, di un figlio; e il chirurgo deve parlare , spiegare ..e il parlare diviene difficile e i familiari ti guardano con occhi interrogativi ; una parola fuori posto puo’ creare panico o allarme.
Poi la consueta riunione con gli altri colleghi del team oncologico per decidere la strategia piu’ corretta … e poi la Sala operatoria. Quando sei in sala operatoria e sai che quella persona si e’ affidata completamente a te altre sensazioni scorrono nella tua mente .
Quando poi, a intervento finito, esci dalla sala operatoria e i familiari son tutti lì che aspettano che tu parli ….. altre sensazioni forti;
E poi l’indomani le spiegazioni al paziente; devi spiegare con calma, con parole semplici, cosa hai fatto, com’è la sua situazione e devi tener duro quando , guardandoti negli occhi, sembra volerti chiedere “ne uscirò?”.
E, quando sei solo con te stesso e pensi e ripensi, tanti se e tanti ma..tante preoccupazioni… un nodo in gola che tenti di dissimulare a te stesso prima che agli altri. Ecco, questo è il senso della professione del chirurgo oncologo oggi dal mio punto di vista”
Tanti ricordi e tante storie. Perché un libro?
Alfredo Garofalo: “Il libro rappresenta una lunga pausa di riflessione dopo una vita vissuta di corsa, interamente dedicata ai malati e alla ricerca. Tanti anni di sacrifici di cui hanno fatto le spese famiglia e figli, cresciuti con un padre spesso assente o troppo stanco.
Ho cercato di raccontare com’è cambiata la figura del Chirurgo in questi anni, nell’ambito di un Sistema Sanitario sempre alla ricerca di nuovi equilibri. Ho cercato di descrivere il microcosmo rappresentato dall’Ospedale, con i suoi drammi e le sue gioie, soddisfazioni, invidie, prevaricazioni e ingiustizie. Il libro è un tributo a tutti coloro che lavorano nella Sanità Pubblica, medici e infermieri che lottano con abnegazione per assistere i malati nonostante turni di lavoro massacranti, carenze di organico e di materiali, stipendi inadeguati, istituzioni assenti.
È un’esortazione e un monito ai giovani che si avvicinano alla Chirurgia Oncologica, perché esercitino con amore e passione questa professione fatta di mente, cuore e mani che la rendono il mestiere più bello del mondo.
Infine è un grande grazie ai malati che si affidano a noi, che con un sorriso ci regalano forti emozioni e danno un senso alle nostre fatiche. E questa è la nostra più grande ricompensa.
Giovanni Battista Grassi: “Ricordi, tanti ricordi dall’inizio della carriera nel pronto soccorso di un grande ospedale romano negli anni di piombo della nostra Repubblica fino alle corsie degli Ospedali con i malati di cancro. Ricordi di pazienti sconosciuti da cui sei stato fatalmente coinvolto e con cui, nel tempo, e’ nato un feeling profondo e per i quali tu sei diventato un punto di riferimento importante.
Ricordi di vittorie sulla malattia e di sconfitte dolorose, ricordi di figli in ansia per i genitori, di compagni di vita che temono di perdere il loro bastone della vecchiaia, di genitori disperati per un figlio. Ricordi di amici con cui hai trascorso parte della tua vita, fra i banchi di scuola, nelle aule universitarie, sui campi di calcio, nella tua professione di tutti i giorni, talora i primi amori che rivedi dopo tanto tempo che si rivolgono a te per un problema oncologico grave. Allora, quel nodo in gola si ripresenta ancora piu’ pressante ed e’ difficile tenere a bada le emozioni. E non è vero che ci si fa l’abitudine …anzi.
Ricordi di donne che ti hanno preso in braccio da bambino e che ora si rivolgono a te per un problema grave.
Ma il perché del libro, il perché di tante storie vere, il messaggio più importante è che sì, è vero di cancro ancora si muore, ma si guarisce anche e sempre di più grazie agli straordinari velocissimi passi in avanti della ricerca. Noi tutti dobbiamo aiutarla con una prevenzione accorta , intelligente: esami mirati, stile di vita sano, alimentazione equilibrata, attività fisica, controlli frequenti”.
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