La fuga delle quarantenni

di CHIARA TINTORI, del 4 Febbraio 2013

 Da Aggiornamenti sociali – febbraio 2013

C’è una questione urgente nella Chiesa italiana di oggi: «chi trasmette la fede per domani?» (p. 12). L’A. constata che la «fortezza silenziosa» (p. 10) della presenza delle donne viene meno, e con essa la trasmissione materna della fede ai più piccoli. Oggi per la generazione degli anni ’70 –le quarantenni appunto – è molto difficile riconoscersi in una Chiesa il cui volto pubblico è «prettamente “maschile”, se non addirittura “episcopale”» (p. 73); un volto che «fatica a misurarsi con i cambiamenti reali del mondo e ad avere una percezione differenziata […] del nuovo ruolo e posto che la donna riveste nelle dinamiche familiari e sociali» (ivi).
Sono molti i fattori che influenzano l’atteggiamento di estraneità delle giovani donne rispetto alla Chiesa, tra questi «il fatto che esse […] sono responsabili di tutto, ma poi alla fine non decidono praticamente di niente […]. Si desidera da loro solo un servizio concreto spicciolo, mentre le decisioni operative restano in mano alla componente maschile-clericale, avvallando sistemi di poteri per nulla differenti da quelli della socialità diffusa» (pp. 72-73).
Il tono della denuncia, pur sempre nel rispetto, si fa sferzante: «come non riconoscere […] che la Chiesa italiana sembra troppo spesso porre più attenzione alle sue strutture e ai suoi programmi pastorali che non alle persone che quelle strutture e quei programmi debbono rendere operativi?» (p. 74). La prospettiva entro cui muoversi per un futuro più aperto è quella di «una Chiesa di uomini e donne che credono nella libertà e in essa nella possibilità di legami e relazioni veramente umani; una Chiesa di uomini e donne liberi che sanno immergersi nelle ambivalenze e contraddizioni della storia, sforzandosi tuttavia di restare fedeli alla parola di Colui che “ci ha liberato perchè restassimo liberi”». Senza la pretesa di dispensare soluzioni pastorali, l’A. individua alcune attenzioni operative: riequilibrare l’immagine pubblica della Chiesa italiana, troppo clerocentrica; «dare ai laici ciò che è dei laici, ovvero lavorare per un’effettiva corresponsabilità delle donne» (p. 84); «pensare i tempi e le attese delle quarantenni», ad esempio creando laboratori della fede adulta; «stanare i maschi dal loro ferito narcisismo» (p. 85); e infine «affrontare la battaglia per la vita buona dell’umano» (ivi), combattendo faccia a faccia con gli aspetti più maledetti della cultura dominante come la dittatura della giovinezza e della bellezza.
Un testo scritto da un prete «per amore alla Chiesa», con l’urgenza di chi comprende che «senza donne, possiamo andare avanti, è vero, ma non finiremo che tornare indietro» (p. 15).

Di CHIARA TINTORI 

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