Da Il Mattino del 27 aprile
Si intitola Spaccanapoli una raccolta di bellissimi racconti che Domenico Rea scrisse alla caduta del fascismo. È caduto anche stavolta un vecchio regime: sta accadendo oggi qualcosa di nuovo? Non vedendo nulla davanti, ci guardiamo alle spalle, verso il Novecento. Così a occhio, dietro sono numerose e fitte le ombre, ma si vedono alcune luci: per esempio, rispetto all’Ottocento più libertà, più democrazia o soprattutto lo Stato Sociale, stella cadente ma tuttora luminosa che ci ha guidato nel deserto per cinquant’anni.
Grande e indimenticabile secolo il Novecento: Pirandello va in scena ogni sera in tutto il mondo e Lampedusa in ogni momento invita a diffidare del progresso senza sviluppo. E intanto D’Arrigo narra cosa sono il mare e la madre con un linguaggio in cui sembrano entrambi nati nello Stretto di Messina alla fine della seconda guerra mondiale.
Il Novecento è stato tanto veloce nel Sud che in cinquant’anni ne ha percorsi duecento, per esempio sotto l’aspetto del mutamento sociale. L’ho visto coi miei occhi: ha dato casa, lavoro, sanità e istruzione a chi non l’aveva e non sperava più di averli. Insomma il Progresso, che dagli Anni Sessanta è stato toccato con mano anche da chi ne ignorava l’esistenza. Non domandatemi tuttavia se il progresso circola ancora nel Sud perché io non circolo abbastanza nel Sud per rispondere con la doverosa precisione.
È stata risolta la questione meridionale? Così a occhio direi di no, ma in verità non so rispondere: mi sono fatto l’idea che è insolubile o che è impossibile risolvere una questione locale in un mondo globalizzato. Sono superate tutte le grandi questioni, quasi sempre irrisolte: muoiono di vecchiaia. Esistono i problemi e il Sud è il maggiore problema politico, sociale e morale dell’Italia. È il più irrisolto ed è avvertito come immortale.
E tuttavia io il Sud l’ho visto sollevarsi assai almeno una volta: negli Anni Sessanta e da lì fino ai Novanta, quando i meridionali, malgrado l’opinione contraria dei meridionalisti, si cercarono il lavoro dovunque ci fosse e con le rimesse o coi risparmi portarono su le condizioni di vita di tutti. Allora Nord e Sud furono uniti nella lotta per risolvere una questione comune: io ho le industrie, tu la manodopera, magari a basso costo. Le industrie ci sono ancora, la manodopera del Sud si è integrata, ma non c’è più posto per nuovi meridionali. Ed è un altro problema insolubile. Per giunta se c’è lavoro, se lo prende un Sud che sale da un Sud più povero attraverso una migrazione biblica che fa dell’Europa l’America dei nostri tempi. Quando finiranno le pensioni dei padri e dei nonni, ci sarà un altro problema insolubile.
Circola l’accusa che il Mezzogiorno non è stato solo abbandonato da Dio ma anche dai governi. I soldi a pioggia si sono trasformati in liquido in cui nuotano i corrotti di ogni meridiano. Un Sud siffatto tuttavia non lo vogliono nemmeno i mafiosi: parola di Roberto Saviano, che li ha visti nuotare nell’oro del Nord.
Un ciclo s’è chiuso. E il Sud rischia la deriva verso il Terzo Mondo. Che gli sta venendo incontro: Sud e Sud uniti nella lotta per campare. Torneremo nei campi? Facciamo giochi di parole perché nel Sud è difficile passare ai fatti.
Oggi fanno sul serio solo le mafie e le forze di polizia, ma così torniamo all’eterno conflitto tra guardie e ladri. Al cinema è una farsa. Non può essere questa l’arte della politica. Serve una che apra un altro ciclo. Non sia una presa in giro. Sentiamo le vertigini.
L’efferatezza delle mafie attuali fa più impressione dei soprusi dell’aristocrazia contadina forse solo perché quelli presenti scottano di più.
Quante fortunate imposture fatte passare per splendore! Andrebbe riscritta tutta la storia: il mezzo gaudio del mal comune è garantito. Il Sud sta malissimo e non pare avere un futuro diverso dal presente, ma non sta morendo di fame. Non la fate tragica: smettiamola, il modello Napoli, che resta allegra nella miseria, lo protegge dalla disperazione.
Questo è un SOS: salvate la nostra anima. Ma salvate anche l’anima dei settentrionali, che vedono crescere il fatturato dei crimini. Se i contadini di Tommaso Fiore finivano in un inferno in cui si sta meglio che in Puglia, dove mandiamo gli uomini politici del Nord che hanno annegato nella laguna di Venezia un Mosè salvatosi dalle acque più tempestose del Mar Rosso?
Una moderna «cultura del Sud» manca anche al Nord. Fa male a non porsi il problema: il moralismo altezzoso non lo risolve. La testa non trascuri la malattia che paralizza il piede.
Vittorini nelle Due tensioni esalta la «tensione razionale» nata da un illuminismo che con un solo colpo d’occhio vede l’Italia iscritta nel mondo capitalista, causa dello squilibrio globale. Come dire, continuate a guardare l’Italia ma non dimenticate che la crisi deriva da un Sistema fondato sulla disuguaglianza sociale che è la madre di ogni conflitto. Saverio Strati, che narra «a tensione emotiva», è scottato da quello coi parenti. Ora siamo a questo punto: sentiamo le unghie dei familiari ma non le tenaglie di un regime ferreo nel garantire privilegi sempre più illogici. Oggi manca la tensione ed è scomparso lo scopo. Quelli passati sono passati e non torneranno.
Abbiamo seppellito gli atti gratuiti con cui Pirandello prometteva eventi impensabili? Non è gratuito che la ricchezza si concentri nelle mani dell’ 1 per cento dei cittadini? E pare assurdo il massimo di socialismo possibile, cioè lo Stato Sociale. Gela ogni umorismo. Questa è una tragedia epocale.
Abbiamo preteso troppo dal mondo, non sarà facile cambiarlo quanto credevano le avanguardie artistiche e politiche, vecchie e nuove, abbiamo denigrato il passato e idealizzato il futuro. Fu solo un sogno, il linguaggio deve essere verificato sulle vicende reali, abbiamo sbagliato a fidarci della sua assoluta autonomia. Per liberarcene, per poter meglio volare, abbiamo negato l’esistenza della realtà. Ora siamo coi piedi per terra ma abbassiamo troppo la testa. Chi invece sollevalo sguardo vede che il Sud ha speranze solo se resta attaccato all’Europa. Tuttavia che noia un’Europa omologata al modello tedesco! Il Mediterraneo non può essere solo il mare dove il Nord trascorre le vacanze. Si fanno troppe vacanze nel Sud? Rispondano i disoccupati.
Pirandello l’aveva detto: chi cerca l’oro tiri su anche la terra che lo nasconde. Ora c’è quasi solo terra ed è incolta. E allora riaffiora il rimpianto: è davvero morta la civiltà contadina? Vittorini insiste: abbandonate i campi, non hanno futuro. Ora però lo si dice dell’industria. L’avvenire è precario quanto mai in tutta la Terra. Era questa la vita anche quando fu scoperta l’America? Troppo poco una scoperta simile in un millennio, ma c’è stata anche la Rivoluzione Francese. Solo una grande scoperta scientifica e una grande rivoluzione tecnologica possono risolvere la questione meridionale? Nel Sud c’è dell’oro non ancora estratto. L’industria della terra sarebbe piaciuta a Carlo Levi, l’antifascista torinese che ha creduto alle magie dei contadini lucani. Serve una fattura.
di Walter Pedullà
clicca qui per acquistare il volume con il 15% di sconto
Altre Rassegne
- La Gazzetta del Sud 2016.05.20
La letteratura è la star del Sud e lo dimostra con i fatti
di Domenico Nunnari - Makemefeed.com 2016.05.09
Il ritorno della questione meridionale
di Carmelina Sicari - Il Quotidiano del Sud 2016.05.09
Nuovi itinerari visti da “sotto”
di Ugo Piscopo - La Gazzetta del Mezzogiorno 2016.05.09
Pedullà e il meridione
di Raffaele Nigro - Il Mattino 2016.05.02
La cultura del Sud che manca anche al Nord
di Walter Pedull