Storie di bambini, genitori e della loro battaglia contro la cataratta congenita
Da Mio salute del 4 febbraio
Normalmente, quando si parla di cataratta, si pensa al problema legato all’avvicinarsi dell’età senile, oggi facilmente risolvibile con un intervento. Pochi sanno, invece, che in alcuni casi potrebbe essere congenita (ossia presentarsi sin dalla nascita dì un bambino o svilupparsi nei primi tre mesi di vita) e in grado di compromettere, anche in modo grave, il corretto sviluppo della vista. Per questo è fondamentale riconoscere e correggere quanto prima il disturbo. La cataratta congenita del neonato, che di solito è di tipo monolaterale (interesserebbe quindi un solo occhio, anche se non mancano casi di cataratta congenita bilaterale), può avere diversi gradi di gravità a seconda che l’opacità del cristallino sia lieve e interessi piccole aree dello stesso, oppure sia più estesa e includa la porzione centrale del cristallino, oscurando così in modo serio le immagini. In quest’ultimo caso il neonato si troverebbe a crescere con un difetto visivo che potrebbe creare scompensi anche notevoli e alterare per sempre la visione binoculare (la capacità di vedere correttamente con entrambi gli occhi).
I PRIMI SINTOMI
Le cause che determinano l’insorgere di una cataratta congenita sono molteplici (fattori genetici, tossici infiammatori o traumatici) ma quali sono i sintomi della cataratta neonatale e che riguardano 2/3 casi su 10mila? Come può una mamma accorgersi che il neonato ha un problema alla vista? Purtroppo non è semplice e per questo motivo è necessario affidarsi sempre alla competenza del proprio pediatra. Ci sono però alcuni segnali a cui prestare particolare attenzione.
1. Un occhio visibilmente opaco, soprattutto nelle fotografie. Di solito, infatti, nei bambini che soffrono di cataratta congenita non si crea il caratteristico effetto occhi rossi ma, soprattutto, l’occhio colpito appare più spento rispetto all’altro.
2. Strabismo, più o meno accentuato. Il bambino compenserebbe il problema di vista dell’occhio colpito dalla cataratta congenita modificandone la posizione. Diventano, quindi, asimmetrici per vedere meglio.
LA DIAGNOSI
Il principale strumento attraverso il quale il pediatra può ottenere una diagnosi sicura è il cosiddetto test del riflesso rosso: una luce indirizzata nell’occhio del bambino tramite l’utilizzo dell’oftalmoscopio. L’assenza del riflesso è il sintomo (un po’ come accade, appunto, quando si scatta una foto con il flash) della presenza di un problema. L’esame andrebbe eseguito prima della dimissione del bambino dall’ospedale e durante la prima visita dal pediatra e poi ripetuto nel corso del tempo. Pochissime regioni italiane hanno protocollato questa procedura ed è quindi bene, da parte dei genitori, richiederla esplicitamente.
L’INTERVENTO
L’unica cura consiste nell’asportazione del cristallino opacizzato. Se la diagnosi è precoce, l’intervento potrebbe essere compiuto già entro il primo trimestre di vita. Seguirà poi un periodo durante il quale il bimbo porterà occhiali da vista o una lente a contatto particolare nell’occhio colpito dalla patologia, con gradazioni prescritte dall’oculista. A seconda della maggiore o minore densità dell’opacizzazione, potrebbe servire un secondo intervento per l’impianto del cristallino artificiale, entro il secondo anno di vita (ma c’è chi ritiene di poter procedere anche appena compiuti i cinque anni).
Una delle conseguenze della cataratta congenita è l’insorgenza dell’ambliopia (un forte indebolimento della vista) anche conosciuta, più comunemente, come sindrome dell’occhio pigro. E, in effetti, è il principale difetto visivo dei bambini in età pediatrica. L’occhio sano del bimbo cercherebbe di compensare quello deficitario lavorando così per due. La correzione si può ottenere attraverso diverse soluzioni da scegliere secondo la gravità del problema. In genere, nei casi moderati, si cerca di stimolare l’occhio pigro a svolgere il suo lavoro usando la classica “benda da pirata” (in pratica, si applica un cerotto oftalmico) da mettere sull’altro occhio, quello senza problemi e che lavora anche per quello con la cataratta. Questo affinché il cervello non escluda subito l’occhio con il problema. Solitamente le ore di bendaggio crescono di pari passo con il bimbo. Nella forma bilaterale, alle volte, si procede con un bendaggio alternato degli occhi, ma ciò dipende molto sia dalla forma delle opacizzazioni sia dallo specialista che segue il bambino. È quindi fondamentale affidarsi subito a un ortottistariabilitatore visivo col quale programmare le ore di bendaggio e le attività da svolgere durante queste ore. Esistono anche esercizi specifici che possono rinforzare la vista dell’occhio più debole e che vengono mostrati al piccolo paziente dall’oculista. Per ottenere risultati, però, occorrono tanta costanza e impegno, cose non scontate per i bambini così piccoli. “
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