La comunità ebraica di Catania, a differenza di quanto accadde in Castiglia e Aragona, vide l’applicazione dell’editto di Granada ben tre mesi dopo, così come nel resto della Sicilia. Non a caso, il ceppo giudaico originario definisce la Sicilia “Achèr Israel”, ovvero “Altro Israele”. Ciò ci permette di ipotizzare un particolare ruolo della comunità ebraica nel tessuto economico e sociale siciliano e, specificatamente, catanese. Si consideri, ad esempio, il caso di Virdimura, la quale fu la prima donna ebrea siciliana ufficialmente autorizzata a esercitare la medicina e la chirurgia. Le notizie biografiche sono scarse: un documento del 7 novembre 1376, conservato presso l’Archivio di Stato di Palermo, attesta che la donna chiese alle autorità competenti la licenza di praticare la scienza medica, in particolare per dedicarsi alle cure dei poveri e degli indigenti. Le competenze di Virdimura furono vagliate dai fisici della corte reale che la ritennero idonea all’esercizio dell’attività medica in tutto il Regno di Sicilia. […]
Caso a sé stante fu quello della medichessa ebrea Virdimura, moglie del medico Pasquale di Catania, che chiese di praticare la medicina a favore degli ultimi, dei più poveri, i quali non avevano le risorse per potersi permettere adeguate cure mediche. Virdimura fu esaminata nel 1376 da una commissione composta da fisici reali e, dopo aver ottenuto l’abilitazione, fu autorizzata a esercitare in tutte le città e terre della Sicilia. La documentazione in materia dimostra come vi furono più casi di donne ebree che esercitarono la professione medica, ed esistevano all’interno della comunità ebraica delle scuole private, da cui proveniva anche Virdimura. Munite di licenza in fisica, soprattutto in ambito di chirurgia e oculistica, rispondevano alla forte domanda terapeutica proveniente dal mondo femminile, ed ebbero impiego anche nei campi della ginecologia e dell’ostetricia. In realtà fuori da Catania, come a Mineo, vi fu un’altra donna che esercitò la professione medica, Bella di Paija, abilitata nel 1414 all’esercizio della chirurgia «in qualsivoglia infirmitati di celurgia», in tutte le terre della Camera Reginale. L’apprezzamento della regina Bianca nei suoi riguardi la esentò da ogni tassazione.
Testo tratto da La città sepolta. Politica e istituzioni degli ebrei a Catania nel XV secolo, prefazione di Asher Salah, di Andrea Giuseppe Cerra (Rubbettino, 2022)