Il più grande furto d’arte nella storia del mondo, Il più grave reato contro la proprietà negli Stati Uniti, Taglia da 10 milioni di dollari per avere notizie, La ricompensa è disponibile da subito: sono questi alcuni dei titoli gridati da agenzie e quotidiani di tutto il mondo occidentale di fronte alla rapina (forse la più ingente nell’ultimo mezzo secolo in un paese in pace) che è avvenuta la notte del 18 marzo 1990 all’Isabella Stewart Gardner Museum a Boston, nel Massachusetts.
L’edificio è stato costruito seguendo la volontà della ricca ereditiera e filantropa di cui la galleria porta il nome: Isabella Stewart Gardner (1840-1924). Avendo la ricca signora visitato Venezia nel 1884, si innamorò di Palazzo Barbaro, affacciato sul Canal Grande, nel sestiere di San Marco, che era luogo di ritrovo e di confronto per artisti, mecenati ed espatriati americani e inglesi.
Con la morte del padre, che le lasciò una corposa eredità grazie ai soldi fatti con il commercio del lino e delle miniere di rame, l’ereditiera decise di creare una collezione d’arte di respiro internazionale e di allestirla in un edificio che si rifacesse all’architettura veneziana di cui si era innamorata durante il suo viaggio in Italia, con un cortile interno che avrebbe dovuto verdeggiare di piante da fiori stagionali. La struttura fu costruita tra il 1899 e il 1901, in un appezzamento di terreno che si trovava nel Fenway Park, e fu inaugurata nel 1903.
Avendo una liquidità molto generosa, Isabella e il marito iniziano ad acquistare opere d’arte di gran pregio. Nel 1891 comprano un’opera di importanza assoluta per l’arte europea: il concerto a tre di Vermeer, battendo in un’asta parigina la National Gallery di Londra e il Louvre di Parigi. È una delle prime acquisizioni che la porteranno, negli anni, ad accumulare, in sede permanente, presso il suo edificio dipinti, sculture egizie e greco-romane, mobili, arazzi, edizioni rare, arti decorative e invitando anche gli artisti viventi a frequentare lo spazio con mostre, concerti, conferenze… Quando morì, Isabella lasciò scritto che la collezione, composta da oltre 7.500 dipinti, mobili, tessuti, sculture, reperti archeologici, oggetti ornamentali, oltre 1.500 edizioni e libri rari e 7.000 documenti d’archivio, avrebbe dovuto essere aperta “per l’educazione e il divertimento del pubblico per sempre”.
La notte del 18 marzo 1990 accadde l’inaudito: due ladri, travestiti da agenti di polizia, in poco più di un’ora, precisamente in 81 minuti, si fanno aprire il museo dalle guardie di sicurezza, le imbavagliano, le portano nel seminterrato, le legano ai tubi delle condutture, salgono di nuovo nelle sale espositive, prendono 13 opere d’arte, con una lama tagliano le tele dalle cornici, e fuggono via. Sono le 2:45 del mattino. I guardiani imbavagliati verranno trovati il giorno dopo. Come se un intero museo di piccole dimensioni ma di grandissimo valore storico-artistico scomparisse dalla sera alla mattina. La sera esiste e la mattina non c’è più nulla.
Il bottino scelto è molto importante, con un valore stimato di oltre 500 milioni di dollari. Questi sono gli artisti più noti rubati: Vermeer, Rembrandt, Manet, Degas. Le opere fondamentali sono state prese dalla cosiddetta “camera olandese”, dove erano esposti i capolavori dei Paesi Bassi: e infatti sono scomparsi nella mani dei criminali l’enigmatico Concerto a tre di Vermeer (1663-1666), l’importante olio su tela Cristo nella tempesta nel mare di Galilea di Rembrandt del 1633 (l’unico dipinto dell’artista che rappresenta un paesaggio marino), definito “la pittura narrativa più sorprendente di Rembrandt in America”; sempre dell’artista olandese un piccolissimo ritratto da giovane, realizzato con inchiostro su carta di quattro centimetri per cinque, e un ampio olio su tela dal titolo Dama e gentiluomo in nero, entrambi del 1633; oltre a questi si sono portati via un olio su tela, dal tritolo Chez Tortoni (1875), di Edouard Manet, quattro opere di Edgar Degas, ovvero un inchiostro su foglio (1885-1888), un acquerello a matita su carta, un altro disegno su carta dal titolo Processione su una strada vicino a Firenze (1857-1860), un gesso su carta del 1884, un antico bicchiere Gu cinese di bronzo del XII secolo a. C., un Paesaggio con un obelisco (1638) di Govaert Flinck, un bronzo dorato della guardia imperiale di Napoleone (1813-1814).
Nonostante la presenza dei ladri sia stata registrata dai rilevatori di movimento, non ci sono stati arresti.
Con il furto di Rembrandt e Vermeer viene irrimediabilmente compromessa una delle più preziose collezioni di opere olandesi in America…
Questa rapina non ha nulla di comparabile nella cronistoria dei furti in un paese in pace. Se si escludono, infatti, le razzie, le spoliazioni, le violente requisizioni che spesso avvengono quando una nazione è soggiogata dal peso di una guerra o di una rivolta civile, i furti sono estremamente mirati e circostanziati. A Boston, invece, i ladri sono entrati e hanno fatto come i saccheggiatori fanno nei paesi in conflitto: hanno depredato.
La scomparsa delle opere nella sala olandese non è grave soltanto per la perdita di vari lavori che avrebbero dovuto rimanere nelle disponibilità pubbliche. È una perdita anche simbolica dal punto di vista nazionale, perché i Paesi Bassi si sono contraddistinti rare volte nella storia dell’arte europea e occidentale. Non lo hanno fatto con l’architettura, ma con la pittura. E lo hanno fatto nel secolo di Rembrandt e di Vermeer: il Seicento…
La perdita, dunque, di queste opere non falcia soltanto gli Stati Uniti, ma anche l’Olanda e, in generale, lo spirito europeo.
Nonostante l’ampliamento dell’Isabella Stewart Gardner Museum, realizzato tra il 2005 e il 2011 da Renzo Piano, il quale, dopo un’iniziale titubanza, accettò di lavorarvi perché “quando si varca la soglia e si entra in questo spazio, si percepisce un senso di bellezza più forte di qualsiasi altra cosa, più forte del fato, più forte del kitsch, che fa di questo luogo una grande opera d’arte”, il museo non ha mai celato negli anni la dolorosa ferita del furto. Anzi, oltre a lasciare vuote e appese – a futura memoria – le cornici dei quadri trafugati, sul sito ufficiale online campeggia una dichiarazione che molto raramente troveremo nei musei europei colpiti da analoghe sparizioni. La ricalchiamo qui, come monito e come insegnamento.
Nonostante alcuni indizi promettenti in passato, il furto del Gardner del 1990 rimane irrisolto. Il Museo, l’FBI e l’Ufficio del procuratore degli Stati Uniti stanno ancora cercando validi indizi che possano garantire un ritorno sicuro delle opere d’arte. Il museo offre una ricompensa di 10 milioni di dollari per informazioni che portino direttamente al recupero di tutte le 13 opere in buone condizioni. Chiunque abbia informazioni sulle opere rubate o sulle indagini deve contattare immediatamente il Gardner Museum. Riservatezza e anonimato sono garantiti.
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