Un libro inconsueto, questo di Mino Vianello, Da Costantino a Stalin. Il “Complesso del potere assoluto” in Europa (Rubbettino), sia perché incrocia varie discipline, dalla storiografia alla sociologia, dalla filosofia alla psicologia, sia perché spazia su quasi venti secoli di storia d’Europa, dalla nascita del cristianesimo, o meglio dall’impero romano di Costantino fino all’Urss di Stalin, come recita il titolo. Vianello, – illustre studioso di sociologia con alle spalle decine di articoli e saggi scientifici (il primo, su Veblen, risale al 1960), nonché dal 1987 al 2005 direttore dell’«International Review of Sociology», – sa bene che l’impresa è immane, titanica, al limite dell’umanamente (im)possibile.
Una ricerca specialistica seria su tanta, bimillenaria congerie di personaggi, fatti, idee ed eventi è proibitiva non solo per le forze di un singolo, ma anche di un’équipe di studiosi. A meno che non si pensi ad un’enciclopedia. Dove c’è però inevitabilmente una pluralità di concezioni, metodologie e risultati spesso tra loro incompatibili e contraddittori. Ragion per cui si sceglie di prescindere a priori dalla pretesa di trovare un filo interpretativo unitario. Nella consapevolezza che il preteso «tutto» è indecifrabile, e che ogni singola ricerca rinvia ad altre diverse, multiformi e interminabili ricerche, tra di loro forse incomprensibili, come i libri della Biblioteca di Babele di Borges, metafora dell’infinita complessità e inconoscibilità dell’universo come tutto.
Una seconda via, diversa e opposta allo specialismo, ma altrettanto impercorribile oggi, è quella della «Filosofia della storia» di Hegel, costruita su categorie speculative (lo «Spirito del mondo» come vero Soggetto della «Storia universale») tanto arbitrarie e teologiche quanto astratte e indimostrabili.
Vianello sceglie una terza via, suggerita dalla psicologia del profondo di Carl Gustav Jung, e dalla sua teoria dell’Inconscio collettivo, strutturato in «Archetipi» (il Potere, la Madre, l’Anima, ecc.), cioè in «Complessi socio-psicologici dotati di vita propria», che, specifica il nostro autore, in mancanza di «un lavoro di emancipazione intellettuale e sociale», sono la matrice di costumi, idee e comportamenti irriflessi e automatici, che possono radicarsi e segnare nei secoli la vita di un popolo.
Il Complesso o Archetipo al centro di questo libro è quello del «Potere». Esso, sostiene Vianello, si manifesta nella storia dell’Europa in modo duplice, «fondato o sulla partecipazione o sull’autoritarismo». La prima manifestazione si ritrova nel «sistema dei valori» della liberal-democrazia (autonomia dell’individuo, libertà di coscienza, Stato di diritto, pluralismo religioso e politico, senso dell’intraprendenza economica, ecc.), che contraddistingue i popoli nord-europei e anglosassoni (Stati Uniti inclusi). La seconda consiste invece in rappresentazioni, modi d’essere e d’agire (sottomissione individuale, obbedienza cieca, rinuncia al pensiero critico, tendenza alla corruzione e all’illegalità, incoerenza, ipocrisia, ecc.), che sono tipici dei sistemi illiberali e autoritari, e che contraddistinguono tutt’ora i popoli sud- ed est-europei, dal Portogallo alla Russia.
Quale l’origine storica, si chiede Vianello, di tale dicotomia?
La risposta è nei circa sessant’anni di storia del IV secolo, dal Concilio di Nicea (325 d.C.) a quello di Costantinopoli (381 d.C.), cioè da Costantino a Teodosio, in cui si codifica il Credo trinitario niceno-costantinopolitano, tutt’ora professato, seppure con qualche importante variante, congiuntamente dalla Chiesa cattolica e bizantina. È in questi anni che nasce il «Complesso del Potere Assoluto», che dominerà come un vampiro la storia dell’Europa meridionale e orientale, da Vianello denominata «area costantiniana». In contrapposto all’area «ariana», dal nome del vescovo cristiano antitrinitario Ario sconfitto nei due Concili di cui sopra e dichiarato «eretico» (i suoi seguaci, perseguitati, guidati dal missionario Ulfila, fuggiranno oltre i confini imperiali, per evangelizzare i popoli nordici).
Due linee si profilerebbero dunque nella storia d’Europa.
– Quella (neo)costantiniana, sostanzialmente teocratica, che passa da un lato dall’Impero carolingio a quello napoleonico fino a Mussolini e Hitler, dall’altro dall’Impero bizantino d’Oriente alla Russia zarista fino a Stalin. Uniche interruzioni, importanti ma provvisorie, il Rinascimento e l’Età dei Lumi. Dato costante: alleanza Stato-Chiesa, assolutizzazione del Potere, intolleranza repressiva e inquisitoriale, soppressione di libertà e pluralismo. Nel caso dell’Urss staliniana, a cui il nostro autore dedica dense pagine di ricostruzione storica e ideologica, e che egli giudica una deviazione-distorsione del pensiero originario di Marx (tesi qui soltanto accennata), ciò che domina incontrastato è il complesso del Partito-chiesa-che-ha-sempre-ragione e dello Stato-Leviatano-che-tutto-e-tutti-ingloba-e-divora. Vianello sa bene che macro-schemi globali di questo tipo sono talvolta fuorvianti e deformanti rispetto ai singoli eventi particolari, ma pensa tuttavia che bisogna comunque correre il rischio, se non si vuole rinunciare ad una visione sintetica, sensata e unitaria della storia.
– La linea liberal-democratica, in un certo senso già implicita nel Messaggio evangelico e nei primi secoli del cristianesimo, tradita dal Credo niceno ma ripresa dall’arianesimo (un solo Dio e non tre, Gesù un uomo speciale, carismatico, illuminato da Dio, eguaglianza tra i fedeli, ecc.). Secondo Vianello, l’arianesimo sarebbe poi esploso, dopo poco più di un millennio, nel cuore dell’Europa cattolico-papale, con l’«eresia» luterana e protestante. La quale si diffonde nei paesi del Nord-Europa e quindi nel Nuovo Mondo, dove diventa emblematicamente la struttura valoriale portante degli Stati Uniti. Anche in questo caso, Vianello, che degli Usa ha conoscenza diretta, sa bene che la loro storia presenta momenti distopici (schiavismo, feticismo del mercato e della tecnica, consumismo di massa, maccartismo ecc. fino a Bush Figlio e ai teocon) per certi versi simili, per dirne una, al New World di Huxley, ma ritiene che quella struttura, nonostante tutto, abbia sinora sostanzialmente retto. Merito di Vianello è la critica radicale dell’anti-americanismo a prescindere, pregiudizio sterile e ottuso, particolarmente diffuso in Italia (magistralmente smontato, con abbondanza di dati e argomentazioni, in un suo precedente libro, Lo specchio americano. Dio, Cesare e la Frontiera, Mondadori, 2009).
Due le mie osservazioni finali.
1) La liberal-democrazia storicamente reale, realizzatasi, si è incentrata soltanto sui diritti politici e civili, ma non sui diritti sociali (che Bobbio definiva di «seconda generazione»), la cui rivendicazione è propria dei ceti più deboli e disagiati (diritto al lavoro, all’istruzione, alla salute, all’assistenza, ecc.). La loro protezione spetta allo Stato (il cosiddetto Welfare State, pilastro – difficile negarlo, nonostante tutto – dell’Urss sovietica e delle politiche dei Partiti comunisti occidentali). In questo senso, il filantropismo dell’associazionismo spontaneo, dal basso (tipico negli Usa, ma anche delle varie “Caritas” cristiane), mi pare aggiuntivo, non sostitutivo.
2) Che cosa va inteso, nel nostro caso, per «Archetipo»? Non un’ipostasi inconscia collettiva, ma pur sempre sovra-storica, arbitraria e indimostrabile come qualsiasi altra, ma bensì, io credo, uno strumento di ricerca e di conoscenza, simile ad un «Ideal-Tipo» weberiano, valido per la sua efficacia euristica, ma basato sui dati dell’esperienza, e criticamente sottoponibile a verifiche e modifiche. Non un’entità ipostatica, quindi, ma un’ipotesi metodologica, un filo d’Arianna nel labirinto della storia. Vianello propende, mi sembra, per questa concezione, conscio dell’infinita pluralità, complessità e dialetticità del reale. Che nessuna ricostruzione storica, per quanto grandiosa e affascinante, può mai illudersi di esaurire.
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- Micromega 2018.11.06
L’archetipo del potere nella storia dell’Europa
di Michele Martelli