Da Il Tempo del 9 giugno
Se permettete scriviamo di segretarie. In un mondo sempre più virtuale, la figura della donna seduta nella stanza prima dell’ufficio del Capo ci riporta alla carnalità del lavoro, alla fatica, all’ambizione – perché no? pure al rischio di tradimenti o di spionaggi. Se nell’Ottocento la commedia umana del Potere con i suoi spifferi si nascondeva nei silenzi e nei letti delle cortigiane, raccontate magnificamente da Balzac nel suo «Splendori e miserie delle cortigiane», oggi nell’era postindustriale si racchiude nella segretaria, donna emancipata (per fortuna!), non come le cortigiane, ma soprattutto vera controstoria delle persone, capi o cape, di cui custodisce gli impegni, siano essi (esse) politici, imprenditori o star del cinema. Un libro, scritto da Marco Benedetto, «Fenomenologia della segretaria», per Rubbettino editore, con una sorprendente prefazione di Al Bano, ce ne racconta i vari tipi, le declinazioni, con ironia ma anche con il gusto di un ritratto del costume del nostro tempo prima ancora che del lavoro.
Sulla copertina, una nostalgica macchina da scrivere, a memento che i tablet han cambiato tutto, anche il mondo delle segretarie. Un universo variopinto, fatto di caratteri diversi. Troviamo l’Aspirante, che non è ma ambisce ad essere, la Segretata e la segre-tata, impenetrabile e balia che tutti (non) vorrebbero. La Velina, la segretaria (non solo) immagine, la Filtro quella che senza di lei non si passa mai. La madre Superiora, una sorta di badessa al motto delle tre c, casa, chiesa e capo, dove devozione al lavoro e al capo spesso confinano. Poi la segretaria generale, la Sora Cecioni, quella dai modi e dalla parlata semplici, la Dagospia, una segretaria portale che sa sempre tutto su tutti. E ancora la Rottenmeier, segretaria – scrive Benedetto – «empaticamente ecologica ad emozioni zero». Poi la segretaria Oracolo, custode di verità preziose. La stacanovista che non molla mai, la moglie mancata, la segre-tutto (ma proprio tutto) e infine il segretario perché questo in fondo è anche mestiere da maschi.
Benedetto, giornalista e dirigente nel settore della Comunicazione, stila un catalogo «Leporello», quasi una vendetta contro il Don Giovanni che si annida in ogni capo. Perché la seduzione attiene al Potere, da sempre. Anche il linguaggio usato dalle segretarie, in fondo, cos’è se non un codice a protezione del Capo. «Può anticiparmi il motivo?. Chi devo annunciare?». «Guardi, purtroppo il dottore e fuori stanza. Cosa posso lasciargli detto?». «Non ho avuto indicazioni, farò sapere appena possibile». Educazione e fermezza. Prima il Capo, poi il resto. Cambiano le tipologie ma se la segretaria è fidata, il linguaggio e la protezione quelli non mutano. In fondo l’etimologia del nome è chiara: deriva da secretum, il segretario (o la segretaria) è colui (o colei) cui si confidano cose segrete. Insomma una persona di fiducia, in passato di un sovrano, di un governatore. Ecco dunque ancora il Potere. Nicolò Machiavelli che lo ha spiegato al mondo intero con il suo «Il Principe» in fondo era conosciuto come il segretario fiorentino, poiché faceva parte della segreteria della Signoria Fiorentina. Benedetto con la sua fenomenologia ha riacceso i riflettori su un mondo dove lavoro e potere sono concatenati. E lo ha fatto con consapevolezza. Vista anche la frase messa ad incipit nel libro, prima di cominciare. Una citazione di Voltaire: «Chiedete al rospo cosa sia la bellezza, vi risponderà che è la femmina del rospo».
di Massimiliano Lenzi
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