L’omicidio di Nicola Calipari: uno dei casi più controversi della storia italiana (Corriere della Calabria)

di Mirella Molinaro, del 13 Aprile 2012

Dal Corriere della Calabria – 13 aprile 2012
«Il lettore può farsi un’idea di ciò che è accaduto nel marzo 2005»

Nicola Calipari più che un eroe era un uomo giusto». In una frase il magistrato Erminio Amelio sintetizza il messaggio più importante sulla complicata vicenda che si concluse con la morte del funzionario del Sismi. Il pm calabrese, chiamato a sostenere la pubblica accusa nel processo per l’omicidio dell’agente reggino, ha raccontato in un libro L’omicidio di Nicola Calipari, edito da Rubbettino, uno dei casi più controversi della storia italiana.
«Giuliana, sono Nicola, un amico di Pier, di Gabriele, di Valentino, sei libera, sono venuto a prenderti per portarti in Italia». Con queste parole Nicola Calipari, il 4 marzo del 2005, si è presentato alla giornalista del Manifesto, Giuliana Sgrena, ostaggio dei terroristi, all’interno dell’ automobile in cui l’avevano lasciata i suoi sequestratori, in una strada nel quartiere di Mansour, a Baghdad. Il viaggio in macchina verso l’aeroporto sembra far percepire la fine di un incubo e la possibilità concreta di tornare in Italia. La macchina si avvicina lentamente all’aeroporto, mancano poche centinaia di metri, sta andando tutto bene, ma nel buio della sera il soldato americano Mario Luis Lozano, in un check point costituito illegalmente, senza attivare alcuna regola di ingaggio (cioè un’azione militare e di polizia), spara contro la macchina. Nicola Calipari si getta sul corpo di Giuliana Sgrena per proteggerla dai proiettili. Uno di questi colpisce il funzionario alla testa e lo uccide, la giornalista rimane ferita. Il processo, che si è celebrato in Italia, è finito prima di iniziare. Con sentenza del 19 giugno 2008, la prima sezione penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della Procura di Roma, confermando la mancanza di giurisdizione italiana sul caso. A sette anni dalla morte del funzionario del Sismi, esce il libro del pm che condusse le indagini.
Come mai ha deciso di scrivere questo libro?

«Il libro è stato scritto perché vuole essere una testimonianza di un delitto che è accaduto ai danni di un nostro altissimo funzionario, mandato dal governo italiano per liberare una giornalista ostaggio dei terroristi. Un fatto gravissimo che è stato dimenticato da tutti. Il libro vuole essere la memoria di quello che è accaduto soprattutto perché non è stato possibile celebrare un processo e quindi l’opinione pubblica non ha potuto sapere cosa sia davvero successo».

Il racconto-testimonianza si conclude con un’ammissione: ingiustizia è fatta. «Come ufficio di Procura avevamo l’esigenza di fare il processo, di accertare la verità e di rendere giustizia a Nicola Calipari, a Giuliana Sgrena e ad Andrea Carpani (questi ultimi due rimasti feriti nell’agguato), di rendere giustizia ai familiari del dottor Calipari e al popolo italiano. Non avendo potuto accertare le responsabilità, perché i giudici hanno detto che esisteva un difetto di giurisdizione, non si è potuto fare giustizia».

Perché è morto Nicola Calipari?
«Nel libro viene spiegato, attraverso le indicazioni fornite dalle testimonianze di Giuliana Sgrena e Andrea Carpani e dall’analisi di altri atti, come è stato ucciso il funzionario del Sismi. Viene raccontata tutta la trattativa che Nicola e i suoi uomini avevano condotto per un mese negli Emirati Arabi e in Iraq, vengono descritte tutte le fasi precedenti al rilascio della giornalista, quelle relative all’avvenuta liberazione e anche gli ultimi drammatici momenti in cui la macchina con a bordo Calipari, Sgrena e Carpani viene fatta oggetto di numerosi colpi di mitragliatore senza che fossero attivate le regole di ingaggio e senza che l’auto avesse destato alcun sospetto. Decine di pagine del libro descrivono queste fasi. TI libro dà la possibilità a chi lo legge di farsi un’idea perché può valutare i documenti e le testimonianze, quindi può farsi le domande che sente venir fuori da questa lettura e trovare delle risposte. È chiaro che questo è un esercizio di memoria che consente di tener vivo il fatto accaduto, di interrogare e di interrogarsi su temi delicati quali il senso della legge, la tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, come la vita, e se su tale tutela è giusto che prevalga sempre la ragion di Stato. Nel libro si propende per la tesi che a prevalere debbano essere i diritti umani».
Con il senno di poi, si possono individuare precise responsabilità in tutta la vicenda?

«Non è il sistema della giustizia italiana a essere messo sotto accusa. Le sentenze anche se non si condividono, come in questo caso, vanno comunque rispettate e il libro vuole dare al lettore la possibilità di farsi una propria idea attraverso la conoscenza dei documenti, cosa che non è stato possibile fare visto che non è stato celebrato il processo nel merito».

Sono stati commessi degli errori o sotto valutazioni nella gestione del caso?

«Nicola Calipari non ha commesso alcun errore. Risulta aver lavorato con altissima professionalità come era avvenuto anche per tutti gli altri sequestri precedenti di nostri connazionali (come quello di Simona Pari e Simona Torretta). Pure per la liberazione di Giuliana Sgrena, Calipari aveva svolto positivamente le trattative, era arrivato a 700 metri dall’ aeroporto e stava portando a buon fine l’operazione. Il funzionario del Sismi, in considerazione della sua alta professionalità, non aveva sottovalutato alcun pericolo e rischio, anzi li aveva affrontati con grande prudenza e cautela, tant’è che ormai aveva concluso l’operazione, poi fermata dai soldati americani presenti a un posto di blocco costituito senza osservare le regole, e quindi illegalmente, nonché a seguito di una condotta negligente dei soldati che hanno anche violato le regole di ingaggio senza fare uso dei segnali luminosi di avvertimento sparando ulteriori raffiche di mitragliatore anche quando la macchina era ormai ferma».

Ma, come lei giustamente ritiene, non ci si può fermare alle medaglie. Né servono gli eroi.

«Certo. la medaglia d’oro conferita a Nicola Calipari è stato un atto forte e nobile del capo dello Stato, ma bisogna andare oltre conservando limpida la memoria e il gesto di Nicola Calipari, leggerlo per quello che veramente è stato, un atto d’amore verso il prossimo. Calipari più che un eroe era un uomo giusto che ha, per due volte nella stessa giornata, salvato la vita a Giuliana Sgrena, persona che lui non conosceva, è stato un atto di grande altruismo, di elevatissima generosità, che solo gli uomini giusti che difendono i diritti degli altri, chiunque essi siano, hanno il coraggio di fare. Nicola Calipari ha scritto una bellissima pagina di storia che va tramandata ai nostri figli».

Di Mirella Molinaro

Altre Rassegne