Da La Stampa del 17 luglio
L’archimandrita Tikhon Sevkunov, consigliere spirituale del presidente russo Vladimir Putin, è una delle figure pubbliche più importanti del suo Paese: dopo il crollo dell’Urss cominciò, primo e per molto tempo unico monaco, a prestare servizio nel monastero moscovita Sretensky, tra i più antichi della Russia, che Stalin aveva prima destinato a sede della polizia segreta Ceka, poi a luogo di cruente esecuzioni, infine all’abbandono. Grande studioso della Sacra Sindone, che lo porta spesso a Torino e in Italia per incontri e tavole rotonde, Tikhon Sevkunov, di passaggio a Roma, ha accettato di rispondere alle nostre domande.
Viviamo in epoca di fondamentalismo religioso, secondo lei come devono reagire le Chiese?
«Chiunque abbia letto attentamente il Vangelo, sa bene che il fondamentalismo religioso, inteso come corrente che si batte per dare alle strutture religiose una posizione dominante nello stato, fu decisamente respinto dal Signore Gesù Cristo. E benché a distanza di secoli persone che si definivano suoi discepoli, agissero non di rado in maniera completamente diversa, noi dobbiamo capire: non si può costringere nessuno con la forza e la coercizione ad entrare nel regno divino della libertà e dell’amore di Dio. La rigida e coerente realizzazione di questo credo è la reazione della Chiesa a qualsiasi manifestazione di questo genere di fondamentalismo religioso».
La Russia ha fatto esperienza, nel recente passato, di conflitti di matrice anche religiosa – in particolare con i wahabiti – nel Caucaso. Che tipo di considerazioni è possibile trarne oggi?
«È successo. Alla fine degli anni novanta mi sono recato qualche volta nella Cecenia in guerra. Portavamo in quei luoghi prodotti alimentari, medicine e abiti per tutti, sia ceceni sia russi. All’alba del terzo millennio, quando l’Europa aveva da tempo e decisamente dimenticato le guerre di religione ormai entrate nella leggenda, con nostro grande stupore ci trovammo proprio davanti a un conflitto religioso. E non si trattava di assurda fantascienza, ma di una terribile cruenta realtà».
Intende dire che per l’Europa si riapre la stagione delle guerre di religione?
«In seguito gli europei più saggi cominciarono a intuire quello che noi semplicemente non capiamo proprio, e cioè che nel nostro mondo la religione rappresenta un fenomeno di grande importanza. Non capiamo né il suo potenziale costruttivo, né la sua capacità distruttiva. E sufficiente dire per esempio che proprio alcuni teologi islamici portano oggi nella politica mondiale gigantesche forze con le quali tutti gli stati del pianeta sono costretti a fare i conti. Solo trent’anni fa nessuno avrebbe potuto credere a un simile scenario. Altrettanto pochi sono quelli che capiscono che la Russia con Putin ha conseguito una difficilissima vittoria – assolutamente sottovalutata dal resto del mondo – nella terribile e pluriennale guerra al terrore».
Qual è secondo lei il progetto dei terroristi?
«Nel nostro caso era niente di più e niente di meno che la distruzione e la conquista di fatto della Russia. Quale effetto avrebbe potuto avere su tutto il mondo è possibile intuirlo, ma ci sono stati momenti in cui i terroristi internazionali sono stati vicini a raggiungere il loro obiettivo. Tutto è finito bene anche perché la Russia ha una grande esperienza di convivenza con i nostri fratelli musulmani nella stessa famiglia di popoli. E questa amicizia e questa unità sono il nostro prezioso patrimonio comune».
Cosa pensa della percezione che l’Occidente ha nei confronti della Russia?
«L’imperatore russo Alessandro III una volta ebbe a dire – cito a memoria – «Non ci si può fare nulla, l’Occidente ha paura della nostra vastità». Nelle relazioni con la Russia molto dipende proprio da questo. Del resto le relazioni dell’Occidente con la Russia sono uguali a quelle dell’Occidente con gli altri paesi, e cioè diverse. Da una parte – un fenomeno evidente nel mondo odierno – una campagna antirussa aggressiva e sistematica, la conoscete meglio di me e la potete definire con maggiore precisione. Noi accettiamo tranquillamente questo atteggiamento come assolutamente consueto. Ma dall’altra parte c’è una moltitudine di persone che ritengono sia poco dignitoso cedere all’azione di una massiccia propaganda e guardano al nostro paese chi con interesse e comprensione, chi criticamente, ma con obiettività».
Come vivono i russi questo genere di ostilità?
«Sono i primi a riconoscere di essere lontani dalla perfezione. Addirittura il nostro folclore trabocca di ironia e satira su questo tema. In questo senso anche lo sguardo esterno più malevolo ci stimola a guardarci ancora una volta in maniera autocritica. Ma la cosa importante che molti specialisti della Russia non riescono a capire, è che i russi contrasteranno sempre duramente qualsiasi imposizione esterna in qualsiasi sua forma. Ed è proprio qui che si cela il conflitto principale tra la Russia e l’Occidente ufficiale. La cosa neanche ci addolora – ci siamo tanto abituati da molti secoli – ma è sicuramente inaccettabile per tutti noi: dal Presidente al semplice contadino. E noi avvertiamo questa cosa con molta nettezza, anche se non condiziona affatto il nostro atteggiamento benevolo e leale nei confronti di ogni paese e di ogni popolo».
Che cosa, secondo lei, gli Occidentali non riescono a capire della Russia, può provare a spiegarlo?
«Nel XVIII secolo un occidentale, un tedesco trasferitosi in Russia dove diventò un eminente statista, dopo molti anni ai vertici del potere emise un verdetto scherzoso, ma molto preciso: «Lo stato russo ha un vantaggio rispetto a tutti gli altri, in quanto è governato direttamente da Nostro Signore Iddio. Altrimenti non sarebbe possibile spiegare come riesca ad esistere». In effetti molti non riescono a capire come possa esistere una Russia enorme e multinazionale e perché i russi la amino tanto, le siano tanto devoti. Benché non sia affatto strano. Le svelo un segreto: noi russi scopriamo con stupore il nostro paese, scopriamo quanto sia straordinario e imprevedibile».
Vi sentite più vicini all’Oriente, in questa fase?
«Mentre gli occidentali si arrovellano sul cosiddetto “mistero della Russia”, l’Oriente ha dato una caratterizzazione molto precisa del nostro paese. In cinese l’antico nome della Russia suona – “e-go”. Una delle traduzioni è la seguente: il paese che può sempre offrire qualcosa di assolutamente inatteso. E davvero la Russia per molti motivi geografici, storici, spirituali e mentali vive una propria vita autonoma. E noi, generazione dopo generazione, viviamo questa incredibile vita della Russia, a volte tragica ma sempre piena di profonde rivelazioni spirituali. Anche i nostri compatrioti che hanno lasciato per sempre il nostro paese non possono non riconoscere cHe l’esperienza della vita in Russia è stata la più forte e non può essere paragonata a nessun’altra per quanto riguarda la formazione dell’anima umana, dell’intelletto e della visione del mondo».
Lei è universalmente conosciuto come “Il confessore di Vladimir Putin”. È un’etichetta difficile da portare?
«Che difficoltà ci dovrebbero essere? In ogni caso la responsabilità, qualsiasi cosa i giornalisti intendano con questa parola, impegna».
di Francesca Sforza
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