Da L’Indice dei Libri del Mese del 3 aprile
Fin dalle prime pagine, i termini più ricorrenti nel volume di Lenzi, ex ambasciatore e direttore dell’Istituto europeo di studi di sicurezza a Parigi, sono organizzazione, cooperazione, multilateralismo e simili. Essi, in effetti, esprimono, nella prospettiva dell’autore, le esigenze che più fortemente emergono dall’odierno quadro internazionale, caratterizzato da indecifrabilità, accelerazioni improvvise, imprevedibilità. Il libro è frutto della riflessione di un idealista consapevole del proprio idealismo, per il quale la storia ha consentito di tracciare un percorso, dal cosmopolitismo kantiano ai Quattordici punti di Wilson, fino alle Nazioni Unite di Roosevelt, che la guerra fredda “ha poi congelato, non disperso”. A chi guarda con queste lenti lo scenario contemporaneo, si impone innanzitutto il confronto con la realtà delle guerre asimmetriche e delle contraddizioni degli interventi umanitari. A questo proposito, Lenzi si richiama nuovamente a una grande tradizione politica occidentale, quella di Grozio e Kant, ritenendo che possa prevalere su una visione come quella prospettata, invece, da autori come Hobbes e Nietzsche: tendenzialmente vanno infatti rafforzandosi, a suo avviso, le aspirazioni a “un ambiente internazionale più stabile”, in grado di innescare “una virtuosa sequenza fra solidità istituzionale, sviluppo economico e giustizia sociale”. In tal senso egli ritiene che l’interventismo occidentale possa essere giustificabile, dunque, se nello spirito delle Nazioni Unite, ovvero se utile a scongiurare “l’omissione di soccorso e l’indifferenza morale”. Quale debba essere il ruolo dello stato nel quadro dell'”internazionalismo liberale” delineato dall’ex ambasciatore, lo chiariscono, poi, i due capitoli centrali del volume: non uno stato quale «protettore di astratte identità” e «custode dell’appartenenza, di sangue e di religione”, bensì membro “di un’agorà di proporzioni mai sperimentate nella storia dell’umanità”. L’orizzonte a cui guardare è, pertanto, quello di “identità multiple, giustapposte o sovrapposte, non contrapposte”. In questa direzione è altresì evidente il significato che assume la nozione di “multilateralismo”, intorno al quale ricomporre un sistema razionale e pacifico, la cui costruzione è stata bloccata per decenni dalla guerra fredda. Può sembrare “un’impresa di Sisifo”, la quale, tuttavia, “non deve soccombere allo scetticismo dei realisti, quanto piuttosto stimolare gli idealisti, che hanno sempre mosso la ruota della storia”. L’idealismo, sia pure temperato, così difeso dall’autore non può che condurlo, infine, a tentare di “immaginare il futuro” e a proporre un'”utopia ragionevole”, che chiaramente implica un ripensamento e una reimpostazione anche della pratica politica nazionale: l’utopia di un sistema internazionale che apra “maggiori spazi di interazione e raccolta di consenso” (e non si limiti a edificare “nuovi monumenti di diritto positivo”), redistribuendo le responsabilità e rigenerando in tal modo il funzionamento delle istituzioni internazionali. In questa prospettiva, alla diplomazia spetterebbe finalmente di svolgere il ruolo che, secondo Lenzi, le sarebbe più proprio: tessere le regole di convivenza e di compartecipazione,
«non di sola coesistenza e tolleranza reciproca”.
Guido Lenzi, INTERNAZIONALISMO LIBERALE. ATTORI E SCENARI DEL MONDO GLOBALE, pp. 92, Euro 12, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014
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