Da Libero Quotidiano del 21 giugno
Forse in pochi sanno che l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai paesi dell’Unione Monetaria Europea, nel 2014, si aggira intorno ai 61 miliardi e che l’Italia è stata, nel 2013, il terzo contributore dopo la Germania e la Francia.
Questa riflessione è utile per mettere a fuoco impegni e responsabilità che l’appartenenza all’Unione richiede, ma anche rivendicare, con maggiore consapevolezza, un ruolo non secondario del nostro Paese.
Mentre imperversano, non solo in Italia, forti polemiche, spesso preconcette, sull’euro e sull’Europa, quando in Italia si continuano a fare sacrifici anche con alte imposte, occorre razionalmente evitare i luoghi comuni e domandarsi quali correzioni possano essere costruttivamente poste in essere per sviluppare una nuova Europa più unita, solidale e vicina alle popolazioni.
Il progressivo consolidamento del disegno della Unione Bancaria impone di riconosce ed affermare con decisione quanto l’Italia ha dato a questa Europa.
Un esempio su cui riflettere è quello dell’esperienza sui sostegni finanziari ai paesi dell’Unione Monetaria Europea.
Al 2013 il contributo finanziario dell’Italia a sostegno degli altri Stati dell’Unione Monetaria Europea è risultato di 55,6 miliardi di euro, per 10 miliardi in prestiti, per 34,1 miliardi di euro attraverso il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria – FESF – e per 11,5 attraverso il meccanismo europeo di stabilità – ESM.
A fine 2014 l’importo stimato del sostegno finanziario dell’Italia ai paesi dell’Unione Monetaria Europea ammonta a circa 61 miliardi. Insomma, nel 2013 l’Italia è stato il terzo contributore, superata soltanto dalla Germania (con 77,3 miliardi di euro) e dalla Francia (58 miliardi di euro). Cinque sono stati i Paesi che hanno ricevuto assistenza dai due fondi e hanno ricevuto più di quanto abbiano versato.
L’Italia è stata solamente contribuente di tali fondi, senza aver utilizzato alcunché. Ciò evidenzia in modo più emblematico come, pur vivendo nel 2013 ancora una gravissima crisi, l’Unione Monetaria Europea è costata all’Italia, che non ha beneficiato di sostegni.
Lo stesso scenario lo osserviamo nella economia bancaria. Il nuovo “fondo salvabanche” (fondo di risoluzione europeo, SRF) recentemente messo a punto dall’Unione Europea, non utilizzerà in alcun modo fondi pubblici, ma solamente risorse delle banche e dei rispettivi azionisti, obbligazionisti e depositanti. Insomma, il fondo europeo “salvabanche” seguirà l’esempio italiano di questi anni che non ha visto alcun soggetto pubblico nella Repubblica italiana versare anche un solo euro a favore di banche, tutte private e che hanno realizzato assai ingenti aumenti di capitale con benefici sia negli impegnativi “esami” europei del 2014, sia per favorire l’aumento dei prestiti ad imprese e famiglie. L’Europa è una conquista fondamentale da difendere con coraggio e decisione, ma non in modo acritico.
Per realizzare una nuova Europa, per vedere riconosciuto il ruolo italiano occorre quindi partire facendo un bilancio critico anche della esperienza realizzata da questi meccanismi e porre in essere le necessarie correzioni.
Di Antonio Patuelli
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