Da Il Resto del Carlino del 11 giugno
ORA, DOPO ANNI di grave crisi internazionale che ha attanagliato e impoverito anche l’Europa, ma non certo ai livelli dei dopoguerra novecenteschi, occorre ripensare l’Europa e chiedersi innanzitutto: “Quale Europa”?
Infatti, è molto importante la costruzione dell’Unione bancaria europea, ma anche questo processo così complesso e rilevante, da solo, non è in grado di costruire una nuova Europa. Insomma, occorre constatare che l’Europa è cresciuta in modi contraddittori, senza un chiaro modello istituzionale. L’Unione Europea non è una vera e piena “Unione”, né una chiara “Federazione di Stati”, come gli Stati Uniti d’America, né una limpida “Confederazione” di Stati. (…)
L’Unione Europea continua ad essere un “soggetto” tutto particolare, su alcuni temi ad un livello intermedio tra il modello confederale e quello federale, per altri (come la politica monetaria) ad un livello assai prossimo a quello federale, mentre permangono temi (come la politica estera, la difesa e la politica economica, seppur con talune limitazioni) prerogative prevalenti degli Stati membri. (…) Insomma, l’Europa, fra spinte statali nazionali e quelle sovrannazionali del Parlamento Europeo, che gradualmente acquisisce responsabilità, deve scegliere come vuole essere per il futuro, per superare davvero la crisi identitaria in atto, ancora largamente irrisolta.
INNANZITUTTO occorrono idee chiare, limpide e razionali, rifuggendo dagli espedienti. Occorre scegliere nitidamente, perché le non scelte peggiorano sempre le situazioni. (…) Occorre un momento ricostituente per la nuova Europa, facendo convergere le istanze degli Stati nazionali e del Parlamento europeo per l’adozione di una vera Costituzione europea.
Il costituzionalismo continua, infatti, ad essere la via Maestra per la democrazie e le libertà. L’alternativa, infatti, è sempre più fra democrazie costituzionali e dispotismi, vecchi o nuovi, fra rivoluzioni autoritarie e nazionaliste e la cultura occidentale frutto di secoli di evoluzione sociale verso la civiltà e la libertà. L’alternativa è sempre più fra Europa della libertà e gli estremismi religiosi e intellettuali che fanno prevalere la violenta interpretazione estrema di regole religiose sulla dignità dell’individuo, sulle libertà e sui diritti di cittadinanza innanzitutto delle donne. I principi non si impongono con la forza della violenza, ma con le idee ed il metodo della ragione.
L’EUROPA è innanzitutto principi e valori di civiltà, ma questi non debbono essere offuscati da eccessi burocratici, da contraddizioni nel processo di evoluzione dell’Unione Europea, da norme che favoriscano popoli a scapito di altri. L’interrogativo, quindi, è innanzitutto “Quale Europa” e “Europa come”. Questo interrogativo deve essere posto a verifica di come è diventata l’Unione Europea, non per demolirla, ma per migliorarla alla luce dell’esperienza realizzata, anche attraverso la verifica critica costruttiva dei Trattati vigenti che sono mossi da giuste intuizioni ideali, ma che possono essere invecchiati ed aver prodotto meccanismi di funzionamento da rivedere (…). L’euro dà certo fastidio a chi è nemico della cultura dell’Occidente e dei mercati liberi e regolati e della dignità umana, a chi vorrebbe un’Europa impotente di fronte alle tragedie che anche la circondano. Anzi, il problema è che l’Europa è troppo debole nelle relazioni internazionali sulle quali prevalgono ancora le scelte o le non scelte degli Stati nazionali.
Non si tratta, certo, di ricercare ottusamente più Europa o più sovranità nazionali: occorre anteporre la capacità critica, al tempo stesso memore e lungimirante di costruire un avvenire che dia prospettive di miglioramento. Bisogna non ripiegarsi su un pessimismo sterile e inconcludente, ma occorre costruire nuove prospettive con lucidità intellettuale e forte determinazione. Non bisogna rassegnarsi mai alle difficoltà, ma rispondere con nuova energia positiva.
Di Antonio Patuelli
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