Da Confedililzia notizie di maggio
La pubblicazione di una nuova traduzione, completamente rivista, integrata e provvista di note e adeguato inquadramento teorico, de L’Azione umana di Ludwig von Mises (Rubbettino, 2016), con prefazione di Lorenzo Infantino, costituisce un evento culturale di grande importanza, destinati a produrre frutti per un lungo periodo di tempo. E colma un vuoto che la cultura italiana ha lungamente patito.
L’opera di Mises può essere considerata il maggiore contributo teorico dello scienziato austriaco, il quale ha preparato una sua prima stesura durante gli anni di permanenza a Ginevra, pubblicata con il titolo Nationalokonomie: Theorie das Handelns und Wirtchaftens nel 1940. Non si può dire che quello fosse un momento adatto alla pubblicazione e alla discussione di un’opera di ampio respiro teorico. Il mondo si trovava dilaniato dalla guerra e aveva in parte significativa abbandonato la via della libertà: le correnti ideologiche allora dominanti avevano portato al potere il comunismo, il fascismo e il nazismo; e, dove ancora vigevano sistemi liberali, questi venivano aggrediti con massicce dosi di interventismo politico nella vita economica e sociale.
Giunto come esule negli Stati Uniti per sfuggire al nazismo, Mises ha ripreso il lavoro. Ha riscritto in inglese la sua opera, che è stata pubblicata nel 1949 con il titolo Human Action. Egli ha avuto il tempo di curarne tre edizioni. Ed è riuscito in un’impresa atipica rispetto alla deriva che gli studi economici avevano già all’epoca preso: ha spiegato i fenomeni di mercato a partire dall’azione dei singoli attori sociali. «È l’opera per eccellenza; è l’intera teoria economica, sviluppata da sicuri assiomi di prasseologia, correttamente basata sulle analisi dell’individuo che agisce, con fini e obiettivi, nel mondo reale». È così che si è espresso Murray N. Rothbard, il più importante allievo americano di Mises. Ed ha aggiunto che L’Azione umana «ci fornisce la via d’uscita dalle crisi e dai dilemmi che hanno colpito il mondo moderno. Durante tutta la vita, Mises ha predetto e mostrato le ragioni della nostra attuale disillusione e ha elaborato per noi una strada alternativa e pratica».
Com’è universalmente riconosciuto, Ludwig von Mises, nato a Lamberg nel 1881 e scomparso nel 1973, è stato il maggiore esponente di terza generazione della Scuola austriaca di economia ed è stato per quasi cinquant’anni il maggiore sostenitore della libertà individuale di scelta. Friedrich A. von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974, lo ha definito «il maestro di tutti noi», volendosi riferire alla schiera di studiosi che si sono formati sotto il suo magistero.
L’azione umana rappresenta certamente il culmine della riflessione misesiana. Ma non bisogna dimenticare che Mises aveva già nel 1922 dimostrato, con un altro monumentale testo, Socialismo, l’impossibilità del calcolo economico in regime di economia pianificata. E non solo. Non c’è campo delle scienze sociali in cui lo studioso austriaco non si sia cimentato, sempre difendendo la libertà individuale di scelta. Sergio Ricossa ha detto di lui che è stato il «garante della speranza che di fatale vi è nulla e che la libertà ha un futuro». Tra le sue opere si ricordano inoltre: Liberalismo, I fallimenti dello stato interventista, Lo Stato Onnipotente, Burocrazia, In nome dello Stato.
di Sandro Scoppa
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