Da Il Mattino del 12 aprile
Sala gremita ieri al Circolo della Stampa per la presentazione di «Storia dell’Italia mafiosa» di Isaia Sales, edito da Rubettino. Presenti, con l’autore, anche l’editorialista del Corriere della Sera Marco De Marco e il docente di sociologia Antonello Petrillo.
L’appuntamento è stato organizzato dall’Associazione «Idea Irpinia» che, per voce del suo coordinatore Marcello Rocco, ha fatto gli onori di casa. «Abbiamo scelto di proposito un giorno anonimo, infrasettimanale – ha detto Rocco – per mettere in evidenza che uno dei requisiti del successo delle mafie è la loro presenza capillare nel quotidiano, in quei gesti e luoghi che frequentiamo continuamente».
L’autore, docente di Storia delle Mafie presso l’Università Suor Orsola Benincasa, parte dall’assunto che la mafia sia parte integrante della Storia d’Italia; un mero fenomeno delinquenziale, infatti, non avrebbe potuto avere la forza di sopravvivere ad uno Stato moderno che si fosse impegnato a eradicarla. Nate sotto i Borbone, infatti, le mafie hanno prosperato nello stato unitario, continuando a esistere fino a oggi, dando origine a quelle che sono considerate le organizzazioni criminali più forti del mondo.
«Le mafie sono nate al Sud – spiega Sales – ma le popolazioni meridionali ne sono vittima; la classe dirigente del Nord è sempre stata alleata con la classe dirigente siciliana, di cui la mafia era un puntello. Le mafie quando si insediano in un territorio devono creare relazioni con gli uomini-chiave delle istituzioni locali, come è accaduto al Centro e al Nord. Ricordiamo che gli angloamericani, dopo lo sbarco in Sicilia del 1943, nominarono sindaci i mafiosi che li avevano aiutati a pianificare l’operazione».
Le mafie resistono perché sono forme di potere legittimate da altri poteri, e, avendo in mano il traffico della droga, possono reinvestire i proventi in attività legali, per le quali devono avere rapporti con gli imprenditori. «Gli investimenti nel campo delle scommesse, dei falsi – continua Sales – derivano dalla necessità di utilizzare il denaro che deriva dalla droga. Anche la diminuzione degli omicidi e della violenza è l’ulteriore dimostrazione che i mafiosi ci sono e hanno bisogno di tranquillità per fare affari. In Campania abbiamo avuto fatti di sangue derivanti dalla carcerazione di diversi boss e alla lotta di successione che ne è conseguita, mancando il rigido sistema di regole successorie che è, invece, tipico della mafia siciliana».
Differente la situazione tra Napoli città e hinterland e tra Napoli e province limitrofe; la maggiore violenza è legata, alla frammentazione tra tanti clan che genera quella che Sales definisce una «guerra di tutti contro tutti». E gli investigatori, si trovano a combattere una realtà che muta a grande velocità. «In Irpinia non c’è da stare tranquilli – conclude – ci può essere corruzione senza mafia, ma mai mafia senza corruzione. Chiunque esercita un sistema clientelare deve sapere che prima o poi dovrà fare i conti con la criminalità; l’attenzione delle mafie verso certi settori come le energie rinnovabili, le pale eoliche, lo smaltimento dei rifiuti è notoriamente molto forte. Questo non vuol dire che tali attività non debbano essere esercitate, occorre solo fare molta attenzione per scongiurare il pericolo di infiltrazione camorristica. Quanto ai rifiuti, poi, finora abbiamo osservato che i clan hanno prediletto zone pianeggianti e prossime ai territori da loro controllati, non è tuttavia possibile escludere del tutto che abbiano potuto sversare in territori liminari ai loro».
di Antonella Russoniello
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