Da Repubblica dell’8 dicembre
CITTA DEL VATICANO. «Niente porte blindate nella Chiesa. Niente. Tutto aperto. La porta deve custodire, ma non respingere. Si apre frequentemente, per vedere se c’è qualcuno che aspetta e magari non ha il coraggio e la forza di bussare». Con il forte gesto simbolico di aprire la Porta Santa a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, il Papa ha voluto anticipare di una decina di giorni l’inaugurazione ufficiale del Giubileo della Misericordia nella Basilica di San Pietro. Un atto che prefigura l’eccezionalità di un evento che straordinario è sempre stato, ma che ora ha motivi diversi per esserlo ancora di più. A partire da un Vaticano sotto assedio metaforico e materiale, con gli echi non ancora spenti del processo Vatileaks 2, e i timori per le minacce del terrorismo radicale islamico che ha spinto servizi segreti e Viminale a preparare un piano speciale contro eventuali attacchi. Un Giubileo voluto a tutti i costi da Francesco e dal Vaticano, nonostante i molti inviti, a volte dallo stesso interno della Chiesa, a non tenerlo a Roma, se non a rimandarlo o disdirlo.
Ma c’è poi anche dell’altro. Una Roma alle prese con l’uscita di scena traumatica del sindaco che più di una volta si è appellato al Santo Padre. Una situazione di grave degrado nella periferia tanto a cuore al Pontefice. E quindi i temi spirituali cari a Chiesa e fedeli: dalla misericordia alla promessa di perdono anche per il peccato di aborto.
Jorge Bergoglio al tema della misericordia è molto legato. «Sentire misericordia – rifletteva poco dopo la sua nomina nel Conclave del 2013 – questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto». E un’interpretazione l’ha già fornita lo stesso Pontefice. «Una domanda è presente nel cuore di tanti – ha dichiarato qualche giorno dopo aver indetto l’Anno Santo – Perché oggi un Giubileo della Misericordia? Semplicemente perché la Chiesa, in questo momento di grandi cambiamenti epocali, è chiamata a offrire più fortemente i segni della presenza e della vicinanza di Dio».
E allora non per caso leggiamo in un libro appena uscito, dal titolo significativo di “Diavolo e Misericordia” (Rubbettino), una visione interessante scritta da quel Dom Franzoni, eletto abate nel 1964 e che come tale partecipò alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, e che per essere fedele al Vangelo e ai problemi sociali e politici fu emarginato ed escluso dal ministero. Ma oggi Dom Franzoni è tornato, pur in modo defilato, e il suo pensiero si dimostra efficacemente vicino alla filosofia del nuovo Papa. Osserva infatti Giovanni Franzoni che l’indizione di un Anno Santo sulla misericordia induce a riprendere il tema del soffio divino sulle acque del creato di cui si parla nel primo versetto della Genesi. “Non vi sono diavoli ai quali demandare personali responsabilità- scrive -non ci sono alibi da addossare a Satana. Per tali motivi, spero vivissimamente che il Giubileo annunciato da Papa Francesco sia occasione per assumerci con maggior consapevolezza le nostre inderogabili responsabilità per la manifestazione della pienezza della vittoria della misericordia sul male”. Di questo stesso soffio, di questo spirito, parla il portavoce del Papa, padre Federico Lombardi, quando lo collega in termini molto concreti alla sicurezza dei milioni di fedeli che si apprestano a raggiungere Roma.
«Il Giubileo della Misericordia – dice il responsabile della Sala stampa vaticana – non è un’iniziativa per fare venire a Roma tanta gente, ma è un’iniziativa per mettere a disposizione dei fedeli quei beni spirituali in rapporto con Dio. Lo spirito del Giubileo è diffuso nel mondo e non c’è bisogno di venire a Roma per avere i beni spirituali accessibili nel Giubileo. Ognuno può andare nella cattedrale o santuario del suo Paese e avrà lo stesso tipo di beneficio spirituale promesso ai fedeli che vogliono partecipare al Giubileo. Si apriranno tante porte sante nelle cattedrali del mondo e nei più importanti santuari delle diversi diocesi. Non dico di non venire a Roma ma venga chi vuole farlo». Una porta che accoglie, dunque, non respinge, e che a tutti vuole trasmettere misericordia e sicurezza.
di Marco Ansaldo
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