Navi Radjou, Jaideep Prabhu, Simone Ahuja
Jugaad InnovationPensa frugale, sii flessibile, genera una crescita dirompente
a cura di Giovanni Lo Storto e Leonardo Previ
da CorrierEconomia (Corriere della Sera) del 2 Giugno
Jugaad, in lingua hindi, è l’arte di arrangiarsi in maniera innovativa: la capacità di trovare soluzioni improvvisate e originali, che nasce da un tipo di intelligenza per cui gli italiani sono famosi nel mondo. L’Italia però qui non c’entra e non sono italiani ma indiani gli autori di «Jugaad Innovation» (Rubbettino), un saggio che invita a «pensare frugale», a «essere flessibili» e a «generare una crescita dirompente». Navi Radjou è consulente strategico nella Silicon Valley, Jaideep Prabhu professore dí business a New Delhi e a Cambridge (Regno Unito), mentre Simone Ahuja, fondatrice di Blood Orange, è un’esperta di marketing innovativo con attività a Mumbai e a Minneapolis. Il libro, in realtà, potrebbe anche intitolarsi «Elogio della semplicità e dell’ingegno»: gli autori scrivono infatti un trattato sulle regole per capire, gestire e sviluppare queste attitudini fondamentali. L’innovazione, scrivono, è diventata una traiettoria sempre più importante per lo sviluppo delle aziende e, in tempi di crisi, un percorso ineludibile. Tuttavia il modello di «innovazione tradizionale» dell’Occidente è stato messo a dura prova dall’avanzata dei Paesi emergenti, che producono ottime soluzioni a costi inferiori. In tempi di crisi, i consumatori si sono abituati a preferire prodotti semplici, funzionali e senza fronzoli, rispetto a tecnologie più avanzate, costose e parzialmente inutili.
Tante e interessanti sono le storie che vengono narrate. L’imprenditore Jugaad è un signore come Tulsi Tanti, che coglie l’opportunità dalle avversità: negli anni Ottanta cerca di avviare una fabbrica tessile nello Stato indiano del Gujarat; dovendo fare i conti con i costi proibitivi dell’elettricità, investe il suo denaro in pale eoliche e risolve il problema con successo. O come Gustavo Grobocopatel, agricoltore argentino di quarta generazione e di origini russo-giudaiche, che affronta in modo innovativo la scarsità di lavoro e di capitale: esternalizza l’attività agricola a un network di fornitori di servizi specializzati e, anziché acquistarle, affitta le attrezzature che gli servono da una rete di piccole compagnie locali. L’aneddotica, però, non è fine a se stessa. Serve a dimostrare, con esempi, che semplicità e ingegno non sono una mera tecnica di management ma rappresentano una rivoluzione culturale che sfida i modelli occidentali, allevati nell’abbondanza e impreparati alla scarsità. I migliori capi azienda, racconta il libro, incoraggiano i dipendenti a inventare «modi frugali e sostenibili» per dare valore alle società, usando meno risorse naturali e generando risparmi di costi. Le imprese occidentali, a giudizio degli autori, non devono temere l’avanzata dei mondi emergenti, bensì studiarne attentamente la lezione. Parafrasando un altro detto: se non puoi batterli, impara da loro. Prima che sia troppo tardi.
di Edoardo Segantini
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