Istruzioni per distruggere il vento: una storia generata dalla lontananza (Così)

del 16 Luglio 2013

Da Così del 16/07/2013

I poeti esistono e Daniel Cundari è uno di questi. È nato nel 1983, ha pubblicato poesie, racconti e saggi per numerose riviste italiane e straniere. Ha tradotto in spagnolo tutte le poesie di Gesualdo Bufalino e in dialetto calabrese molti autori, da Kavafis ad Aleixandre. “Istruzioni per distruggere il vento” (Rubbettino, pp. 120, Euro 10,00), la sua prima opera di narrativa, promette di diventare un caso letterario. Ne sentirete parlare e vorrete parlarne una volta terminata la lettura perché è un libro di una bellezza disarmante, a cominciare dal titolo. Cosa vuol dire “istruzioni per distruggere il vento”? È come voler fornire le istruzioni su come realizzare un sogno, e sappiamo tutti che non esiste un manuale per questo. Ma Daníel Cundari usa la potenza della sua penna per catturare ciò che per definizione è sfuggente, come la memoria e il tempo. Poesia e prosa viaggiano insieme, i ricordi si fissano e diventano storie, quelle del protagonista, che racconta gli anni della sua infanzia, gli amori, i viaggi, i tradimenti, le chiacchiere maligne del paese in cui è cresciuto, da cui è partito ma in cui è sempre tornato, nonostante tutto. La voce narrante ci guida in un viaggio onirico, nella Calabria che nessuno conosce ma che va oltre i suoi confini, fino in Spagna. Si rivolge a un interlocutore silenzioso che ascolta, un turista forse, uno straniero, in cui ogni lettore si può riconoscere. “Come potrei raccontarle l’essenza di questi odori? Come farle comprendere che ogni lettera di queste parole è un pezzo di pelle che va via, un lembo di vita, un intatto eterno? Come potrei penetrare nelle cose, senza dover cercare il termine giusto, la descrizione esatta, il battito inconfessato che si nasconde dietro ogni senso, ogni gioia, ogni dolore?”. Si viene inghiottiti in una storia che contiene altre storie. “Istruzioni per distruggere il vento” è un libro che non basta mai, così intenso che ci troveremo a rileggerlo come se ogni volta fosse la prima, perché cambia continuamente. È uno di quei libri da sottolineare perché in ogni frase c’è qualcosa che vorremmo aver pensato o almeno aver visto, che credevamo di aver perso e che, invece, abbiamo ritrovato.

DI FRANCA CRIBARI

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