L'attrazione fatale per la giustizia sociale e la molla di una nuova rivoluzione globale
Dal Giornale di Sicilia del 7 maggio
I dibattito sull’Europa si sta concentrando sugli aspetti economici piuttosto che su quelli politici; se non si pone rimedio, la situazione potrà sfociare nella crisi dell’euro e dello stesso mercato comune o, alternativamente, nel degrado di alcuni paesi, Italia compresa, come già accaduto per la Grecia. Le politiche di austerity, al centro delle polemiche di questi giorni non hanno dato i risultati attesi. Credo che margini di flessibilità ce ne siano ben pochi e rischiamo di perdere due ruote del carro europeo importanti: la Germania e il Regno Unito». Paolo Savona Professore emerito di Politica economica, già ministro dell’industria esprime le sue preoccupazioni in un denso e importante saggio Dalla fine del laissez-faire alla fine della liberal-democrazia (ed. Rubbettino) scritto durante un lungo soggiorno al Nuffield College dell’Università di Oxford.
Professore, al centro della sua analisi vi è il «trilemma» Stato, mercato, democrazia. Quale deve essere il giusto equilibrio in una fase storica in cui i Parlamenti nazionali sembrano svuotati sempre più di senso?
«Solo un accordo internazionale, che venga preceduto e propiziato da un accordo europeo può sbloccare la situazione. Oggi si ritiene che la globalizzazione imponga di rinunciare a uno dei corni di questo trilemma. L’Ue scarta lo Stato, ha una democrazia simulata e protegge il libero mercato. La Cina scarta la democrazia, ha un libero mercato simulato ed esalta lo Stato. Gli Stati Uniti alternano l’importanza delle tre istituzioni secondo il tipo di amministrazione che vince le elezioni. E’ una baraonda istituzionale. La mia tesi è che la democrazia deve riconoscere l’importanza dello Stato e l’utilità del mercato; lo Stato deve ritenersi delegato a tutelare l’individuo e non ad avversarlo e privilegiare se stesso; il mercato deve darsi carico di produne ricchezza non solo per se stesso».
L’Europa è sotto scacco, il processo di integrazione appare compromesso, la crescita rimane lenta. Come si fa a invertire la tendenza?
«Margini di flessibilità ce ne sono pochi e rischiamo di perdere due ruote del carro europeo importanti: la Germania e il Regno Unito. La Germania si tiene stretta la Francia che possiede il detenente nucleare e perciò, secondo un vecchio detto, è più uguale degli altri; si può infatti permettere di violare i vincoli europei e lo spirito degli stessi: non dimentichiamo che hanno respinto la Costituzione proposta, che avrebbe messo tutti i cittadini europei sul piano degli stessi diritti. Non sia mai detto!»
Si è persino creato un partito «pro» e un partito «contro» Draghi. La BCE può avere un ruolo politico?
«Draghi sta tamponando la situazione, che altrimenti avrebbe già raggiunto la rottura, ma non ha risolto i problemi di fondo dell’Ue. La sua politica ha due difetti: essendosi sostituita alla politica fiscale utile indispensabile per lo sviluppo che manca, ha impedito che i governi prendessero di petto la situazione per correggerla; l’altro, che ha sempre assecondato l’austerità fiscale sbagliata dell’Ue. Egli vive in una contraddizione permanente».
Giugno sarà un mese cruciale per il Vecchio Continente: voto sulla possibile uscita della Gran Bretagna, voto politico in Spagna, amministrative in Italia. Lei si dichiara sostenitore di una «nuova architettura globale della sovranità». Su quali equilibri geopolitici dovrebbe costruirsi?
«L’uscita del Regno Unito dal mercato comune potrebbe trascinare l’ euro e la stessa Unione. Potrebbe essere una palla di neve che rotolando crea una valanga. Il ritorno al voto in Spagna è la conferma che il popolo protesta, ma non ha un’idea di dove vuole andare sostenendo i partiti isolazionisti e antieuropei. L’esito del referendum greco sull’euro è la conferma: si protesta, ma poi si votano i partiti che ubbidiscono all’Europa, forse è più giusto dire al mercato globale, soprattutto finanziario»
E quale potrebbe essere il ruolo del nostro Paese?
«Le elezioni amministrative in Italia restano nella logica interna degli scontri politici basati sul personalismo piuttosto che su diverse strategie di dove si vuole portare il Paese. La scelta dell’Europa, anche di questa Europa che crea danni al Paese, appare irreversibile, dato che la sinistra l’ha fatta propria. Le città sono la componente principale della nostra unione federale, dato che l’unificazione politica dell’Italia è stata solo formale. Ciascuna città è titolare di una cultura forte e si integra con difficoltà. L’Europa ha un problema simile».
di Massimiliano Cannata
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