Da Il Dubbio del 2 giugno
Il Vescovo di Noto, monsignor Antonio Staglianò, sposa in pieno la linea del segretario della Cei, Galantino: «La Chiesa cattolica è per sua natura accoglienza, non per dovere ma per essere quello che siamo. Chi non accoglie i migranti non è Chiesa cattolica».
Monsignor Antonio Staglianò, vescovo della diocesi di Noto, ha iniziato a far parlare di sé qualche anno fa, quando i media nazionali si accorserso di questo strano pastore che predicava in modo originale: chitarra alla mano, si serviva delle canzoni pop per attrarre l’attenzione dei fedeli. Da Marco Mengoni a Noemi, passando per l’emergente Caccamo. Scelte musicali e religiose che Staglianò ha deciso di raccontare in un libro, Credo negli esseri umani. Cantando la buona novella pop (Rubettino), in uscita nei prossima giorni. Ma è anche un vescovo impegnato sul versante dell’accoglienza, in perfetta sintonia con Francesco e con la Cei.
Monsignore, Nunzio Galatino si è schierato contro gli hotspot in mare, chiedendo di accogliere chi fugge senza se e senza ma. È d’accordo?
La Chiesa cattolica è per sua natura accoglienza. Chi non accoglie i migranti non è Chiesa cattolica. Dobbiamo prendere atto che siamo davanti a un fenomeno umano assolutamente nuovo. Le nazioni occidentali hanno occupato per centinaia di anni territori che adesso vengono abbandonati dalle persone che arrivano sulle nostre coste.
Sta dicendo che la responsabilità di questo fenomeno è dell’Occidente?
Che ci sia una nostra responsabilità sul fenomeno migratorio è poco ma sicuro, soltanto i ciechi non lo vedono. Pensiamo alle guerre consumate in Africa. Guardiamo alla Repubblica democratica del Congo, per esempio, dove c’è una diocesi, quella di Butembo-Beni, gemellata da 30 anni con Noto. Lì è piuttosto chiaro che dietro alle guerre civili c’è la mano dell’Occidente che si accaparra le risorse naturali locali, come il coltan, una pietra preziosissima che serve alla nostra tecnologia. E allora c’è anche un problema di giustizia. Per questo, come Chiesa, non possiamo non accogliere questi profughi, qualunque volto abbiano e a qualunque religione appartengano. Sono esseri umani.
Ha senso distinguere tra profugo di guerra e migrante economico?
Dal punto di vista della Chiesa sono allo stesso livello. Noi non abbiamo alternative all’accoglienza. È chiaro che questo fenomeno però va gestito all’interno di un progetto di governance che dovrebbe coinvolgere tutta l’Europa e non solo l’Italia. E di conseguenza è possibile fare dei distinguo dal punto di vista del trattamento logistico, ma non si può respingere chi scappa dalla fame. Non ha senso.
Eppure alcuni sacerdoti non sembrano entusiasti di aprire le porte delle loro parrocchie ai migranti. Come bisogna considerarli?
Io fortunatamente non ne conosco. Ma se storci il naso davanti all’invito di Francesco all’accoglienza ti devi interrogare sulla tua capacità di stare accanto a Francesco in quest’opera che identifica il cattolicesimo. In ogni caso credo che un vescovo dovrebbe chiamare i sacerdoti e dialogare con loro per convincerli. Anche perché, con tutto rispetto, i sacerdoti sono quelli che lavorano in trincea, ma non sono loro a stabilire cosa fare in quelle trincee.
Lei, lo scorso settembre, ha scritto una lettera invitando i parroci della sua diocesi ad aprire le porte delle loro chiese. A quasi un anno di distanza che bilancio fa di quell’invito?
È stato accolto da tutti. Ma soltanto alcuni hanno potuto essere operativi perché non c’è data la possibilità di agire autonomamente. Noi riceviamo persone all’interno di un’organizzazione che ha la Prefettura come guida. Io stesso, nel mio episcopio, ho accolto una famiglia. La parrocchia di Pozzallo ha ospitato per mesi decine di profughi nell’ultimo anno. E quando il Prefetto, sulla base del budget a sua disposizione, voleva contribuire alle spese sostenute, il sacerdote ha rifiutato l’offerta. Sotto indicazione del Vescovo. Perché possiamo fare poco ma ciò che facciamo deve essere segno e testimonianza di carità.
Questo è il punto di vista del pastore Staglianò. Ma vorrei fare una domanda al cittadino Staglianò: è giusto demandare il problema l’accoglienza alla carità e non alla responsabilità di uno Stato laico?
Da cittadino dico che i Prefetti fanno un ottimo lavoro. Il nostro approccio caritatevole è per loro solo un sostegno di supplenza, quando proprio tutto deborda e non c’è la possibilità immediata di intervenire. Nell’hotspot di Pozzallo, ad esempio, noi non possiamo neanche entrare, gli immigrati non li vediamo proprio. Li identificano e li mandano via. Dove? So che molte persone vengono inviate in strutture ricettive della zona, pagate dallo Stato. Noi diamo la nostra mano, ma Prefetti e forze dell’ordine fanno un grande lavoro.
Salvini ha indirettamente accusato Galatino di essere complice degli scafisti. Cosa pensa di questi toni?
Penso che Salvini sia un uomo molto intelligente e capace di argomentare. Ma sviluppa pensieri ideologicamente contrari alla mia visione antropologica, sociale e politica. Vedo in lui un interlocutore dialettico, ma non mi fa specie che sviluppi un pensiero diametralmente opposto al mio. Dico semplicemente che Salvini farebbe meglio a esprimere le sue idee con un tono più tollerante. Perché su alcune cose posso essere anche d’accordo con lui. Come quando dice che c’è bisogno di intervenire direttamente nei luoghi di provenienza dei migranti. Pensiamo alla Libia, una nostra ex colonia. Purtroppo non abbiamo in questi territori, dove i grandi dittatori sono stati eliminati, interlocutori istituzionalmente solidi per poter intervenire.
Sarebbe stato meglio non intervenire in Libia?
Col senno di poi si può dire qualsiasi cosa. Ma dobbiamo riconoscere lo sbaglio di aver voluto esportare la nostra cosiddetta democrazia in quelle zone. Credo che abbiamo sbagliato. C’era un programma di esportazione della democrazia all’interno di culture che non hanno vissuto la modernità.
Cosa canterebbe ai suoi fedeli per parlare d’accoglienza?
L’incipit di Chiamami solo amore di Roberto Vecchioni: “E per la barca che è volata in cielo che i bimbi ancora stavano a giocare che gli avrei regalato il mare intero pur di vedermeli arrivare”.
di Rocco Vazzana
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