Dal Quotidiano Nazionale dell’8 gennaio
Offerta al Paese nel mese che l’ha visto nascere e morire. La vera storia del ‘Patto del Nazareno’, dall’esordio alla rottura alla crisi di Forza Italia, è contenuta nei report di Verdini (fuor di burocratese azzurro: relazioni al capo) che costituiscono le fondamenta su cui Massimo Parisi ha costruito il suo libro, edito da Rubbettino. Nato con il desiderio di esaltare Berlusconi come padre costituente assieme al partner Renzi – assicura il deputato che ha lasciato il Cavaliere per seguire Denis nel gruppo Ala – e finito come sappiamo.
O no? Tutto sommato, il leader di FI non mentiva: l’unico veto per il Quirinale, si legge nel libro, l’aveva messo su Mattarella. Dunque Renzi l’ha tradito?
«E riduttivo metterla così, anche perché è illusorio pensare di essere determinanti quando si ha il 10% dei grandi elettori per il Quirinale. Renzi decide di puntare su Mattarella, che Berlusconi avrebbe comunque potuto votare, dopo aver scoperto che lui aveva cercato una sponda su Giuliano Amato con D’Alema».
La rottura si consuma davvero con l’elezione del capo dello Stato o c’erano già state avvisaglie?
«Nella testa e nella pancia di Berlusconi il patto si rompe con le elezioni europee, quando Renzi raccoglie più del 40% dei voti. Il Cavaliere poteva accettare tutto da lui, ma non che gli prendesse il successo personale e il consenso nel Paese».
Lui cambia strategia. E voi verdiniani cambiate partito.
«Se Berlusconi avesse detto che avrebbe votato le riforme, Verdini sarebbe rimasto. Fino all’ultimo incontro, alla fine di luglio, l’ha scongiurato di ripensarci».
La scissione di Ala è la continuazione del Nazareno con altri mezzi?
«No. La rottura tra Verdini e Berlusconi è una rottura vera».
I primi report di Verdini al Cavaliere sono durissimi: «Boschi più adatta alle forme che alle riforme», Lotti «ha un profilo modesto». Il gossip è una forma di politica?
«Ma no. Si tratta di poche righe su 262 pagine: si è all’inizio di un percorso e quelle sono informazioni che Verdini aveva raccolto dai mass media e da sue fonti. Berlusconi, inizialmente, è entusiasta di Renzi e dei suoi, così lui gli spiega: ‘Occhio, non sono dei Pico della Mirandola’. Probabilmente oggi non direbbe le stesse cose».
Quando scocca la scintilla?
«L’8 dicembre 2013, quando Renzi diventa segretario del Pd. Denis mi chiama e mi chiede di cercare il suo numero di telefono perché vuole parlargli. Così sfatiamo la leggenda che si conoscevano».
Verdini conosceva il padre.
«Si sono incontrati una volta, per lavoro».
L’ex coordinatore spiega al capo che il patto gli serve per una grandiosa uscita di scena.
«Già. E se fosse stato un vero politico, l’avrebbe capito».
Intanto, la sinistra in Parlamento vota riforme che hanno il suo timbro. É comprensibile che siano irritati.
«Verdini l’aveva spiegato a Berlusconi: più andiamo avanti più va in difficoltà il Pd».
Ora esplode Forza Italia.
«Siamo usciti noi che sostenevamo il patto e sono usciti i suoi più acerrimi nemici: i fittiani. Nel libro, ho raccontato pure lo scontro drammatico nell’ufficio di presidenza con Fitto. Quando Berlusconi non solo l’avverte ‘Raffaele, ricordati che non ho mai perso’, ma gli dice pure: ‘Tu sei figlio di un vecchio democristiano’. Si sa che il padre, morto a 47 anni, non è mai diventato vecchio. A spezzare il clima, ci pensa Simone Baldelli che, alla fine, con la calata toscana di Verdini fa: ‘Ma che siamo pazzi? Si scrive un documento e si mette ai voti? Così si fa casino. Prima si vota, si dice che siamo tutti d’accordo. Poi con calma, domani o dopodomani, si scrive un documento’. Hanno riso tutti. Anche Fitto».
Ma quanti report ha Verdini?
«Infiniti. Su ogni argomento. Tutti in cartelline catalogate».
di Antonella Coppari
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