Da Il Fatto Quotidiano del 28 luglio
Renzi sta usando un metodo opposto a quello dei saggi di cui ho fatto parte: noi eravamo inclusivi, cercavamo l’accordo più ampio possibile. A lui interessa solo la sua convenienza”. Gaetano Quagliariello in questa legislatura è passato da un estremo all’altro: prima ha fatto parte dei saggi nominati da Napolitano sulle riforme; poi è stato ministro proprio delle Riforme; infine, dopo aver votato per due volte il ddl Boschi, alla terza s’è rifiutato. Ora fa campagna per il No. Con uno di quei saggi, Valerio Onida, ha scritto anche un libro: Perché è saggio dire No (Rubbettino).
Senatore, prima la riforma le piaceva e poi?
Nei due passaggi in cui l’ho votata in Senato ho sempre denunciato ciò che non andava, proponendo correzioni. Visto che poi non è cambiata, ma peggiorata, al voto finale non l’ho più sostenuta.
Lei intanto era uscito da Ncd e dalla maggioranza.
Sì, a ottobre mi ero dimesso da coordinatore di Ncd per passare al gruppo Misto. Sono uno dei pochi a essere sceso dal carro del vincitore.
Cosa non le piace di questa riforma?
Nel merito è caotica e discutibile. Faccio solo due esempi. I consiglieri regionali che arriveranno in Senato non si capisce se rappresenteranno i partiti o le rispettive Regioni. Il partito che vince, poi, può eleggere pressoché da solo il presidente della Repubblica. Ma se dentro quel partito una minoranza si mette di traverso, il meccanismo s’inceppa.
E sul metodo?
Qui siamo all’obbrobrio. Con i saggi prima di Napolitano, nel 2013, e poi di Letta si volevano scrivere le regole nel modo più inclusivo possibile, superando le divisioni e comprendendo le ragioni di tutti. Così si rafforza la coesione nazionale. Anche Napolitano nel suo discorso al Parlamento aveva fatto riferimento a un compromesso alto e nobile.
E invece?
Quando arriva Renzi, dopo un primo momento di allargamento dovuto al patto del Nazareno, le riforme cambiano verso. Diventano legge del governo, che si fa arrogante e non ascolta più nessuno. La Boschi diventa impermeabile a qualsiasi consiglio. Inoltre la legge elettorale viene sganciata dal processo di riforma costituzionale, come fosse una cosa a parte. Col voto di fiducia alla Camera, infine, si azzera il dibattito: un atto di pirateria parlamentare.
Napolitano, però, se le intesta. Parla di riforme come sua eredità politica…
L’ex presidente ha avviato un percorso che poi è stato tradito. Credo che lui ne sia consapevole e stia cercando di apportare correzioni per linee interne, contando sul fatto che la Consulta possa bocciare l’Italicum.
Marcello Pera, che in passato le è stato politicamente vicino, appoggia il Si.
L’ultima volta che gli ho parlato, 3-4 mesi fa, non lesinava critiche a Renzi e alla riforma. Deve aver cambiato idea. È un suo diritto.
Lei ha capito quando si voterà?
Prima sembrava si dovesse votare a Ferragosto, usando le cabine in spiaggia come seggi. Ora si guarda a Babbo Natale. Forse fisseranno una data quando un sondaggio dirà che vince il Sì. Renzi ha spaccato il Paese a metà e fondato il voto sulla paura: se fallisco c’è il diluvio. Questo la dice lunga sulla sua concezione di lotta politica.
di Gianluca Rosselli
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