Da Sette (Corriere della Sera) dell’8 gennaio
Caro Carandini, scavando nella sua biografia di grande archeologo scopro parentele inaspettate: un cugino attore, Christopher Lee, in arte Dracula, e un nonno giornalista, Luigi Albertini.
«Mio nonno venne nel 1926, dopo che il fascismo lo cacciò dal Corriere, in questo palazzo romano dove ora abito, in salita Quirinale. C’è rimasto fino alla morte, nel 1941. Ho pochi ricordi. Viveva al piano di sopra. Andavo a trovarlo. Mi fornì anticorpi culturali per una gioventù sicura. Con gli anni sono diventato perplesso, incerto».
Porti alla luce i suoi personaggi-faro.
«Ne ho avuto vari: i genitori (padre uomo politico, liberale di sinistra, e madre diarista), Giovanni Pellegrini (cuoco), Ranuccio Bianchi Bandinelli (storico dell’arte e comunista), Nino Lamboglia (archeologo di destra), Ignacio Matte Bianco (psicoanalista cileno) e Angelo Brelich (ungherese/ italiano storico delle religioni). Il nuovo millennio mi ha fatto incontrare, in ritardo, Isaiah Berlin, russo/inglese storico delle idee, maestro liberale. A lui ho dedicato gli studi dei miei ultimi tre anni, raccolti in un libro (Paesaggio di idee, Rubbettino)».
Pur coinvolto nei principali drammi del ‘900, Berlin non cedette mai alle lusinghe dei totalitarismi.
«Guardi, nell’ultimo secolo il pensiero cattolico ha dovuto misurarsi con la secolarizzazione della società e il pensiero marxiano ha dovuto misurarsi con il crollo del comunismo. C’è invece un pensiero europeo che in Italia ha avuto importanti figure come Croce ma che è stato poco diffuso: il pensiero liberale di sinistra. Berlin ha sviluppato l’idea di una vera democrazia liberale e questo mio viaggio nella sua mente ha avuto prima di tutto una funzione chiarificatrice per me e penso che possa essere utile anche a tanti altri italiani privi della necessaria dose di pluralismo».
Cosa intende per pluralismo?
«I valori umani sono vari, diversificati e in conflitto. Faccio un esempio: se uno sviluppa la libertà individuale agli eccessi, uccide la giustizia. Se uno sviluppa la giustizia all’infinito distrugge la libertà individuale. Quindi libertà e giustizia sono valori primi entrambi ma entrambi in conflitto tra loro, possono reciprocamente soffocarsi: motivo per cui non resta che combinarli insieme nella giusta misura. Come Berlin io ho abbandonato l’idea di una società completa come l’Eden e ho abbracciato quella di una società incompleta ma decente».
Il Fai che lei ha accettato di presiedere è una Fondazione decente. E l’Italia?
«L’Italia dell’ultima generazione, quella che privilegia i frettolosi messaggini invece della calma ricerca della profondità, è ancora segnata dall’indecenza. Roma ne è lo specchio. Invece che farsi prendere dalle utopie, penso che una società decente è quella che cerca di drizzare le storture di quel legno storto che è l’uomo, sapendo che non può riuscirci mai completamente».
di Salvatore Giannella
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