Da Il Giorno ed. Milano del 19 novembre
«Se conosciamo vizi e virtù, pubblici, ma soprattutto privati, di imperatori, nobili, matrone e cortigiane della Roma imperiale lo si deve soprattutto ad Andrea Carandini, luminare dell’archeologia e della storia romana». A omaggiare di un simile giudizio il grande archeologo romano è Edmond Lévy, ordinario di storia romana all’Università di Strasburgo e soprattutto Membro permanente del Collège de France, con cui anche Carandini ha a lungo collaborato. Proprio sul metodo della scuola degli Annales di Parigi (fondata dal medievalista Jacq Le Gofi) si basa la ricerca di Carandini: l’utilizzo delle fonti archeologiche e delle iscrizioni, molto più dirette dei testi letterari o storici, deformati da evidente intento propagandistico, nel fornire uno spaccato concreto della Roma di Caligola, Claudio o Nerone. Così sotto la sua guida decine di missioni archeologiche hanno dato vita a scavi sistematici che hanno ampliato le nostre conoscenza sulla quotidianità degli imperatori e dei loro sudditi: a iniziare dalla scoperta del Palatino e dunque del sistema di difesa muraria dell’Urbe.
Fiore all’occhiello è stato il recupero della Domus Aurea, dimora principesca fatta ampliare da Nerone per i suoi vizi. Con moderni metodi di scavo è stata riportata alla luce la “coenatio rotunda”, un’elegante sala affrescata, sede di banchetti licenziosi, dove il principe cenava alla presenza di fanciulle discinte, che tra una portata e l’altra soddisfacevano i suoi desideri più proibiti. Una sorta di rimale, che gli studiosi, guidati da Carandini, hanno ricostruito nei dettagli: «Vi era addirittura una sorta di tavolo avveniristico per l’epoca: un dispositivo che tramite ingranaggi poteva ruotare nel terreno, simile ai moderni tavoli rotanti, che agevolano la distribuzione delle portate. Questo marchingegno nessuna fonte letteraria lo descrive. Solo gli scavi ne hanno appurato l’esistenza e il sistema di funzionamento», spiega l’archeologo.
I risultati di 30 anni di ricerca hanno formato generazioni dí studiosi, contribuendo alla realizzazione di centinaia di saggi e convegni, soprattutto nelle grandi università europee e americane. E ovviamente le scoperte di Carandini a Roma e altrove in Italia (alcuni scavi anche su siti in Lombardia e Pianura Padana) hanno alimentato programmi di grande divulgazione, spesso fondati sulle ricerche del professore per entrare nella camera da letto dei potenti di Roma imperiale, rivelando, con la dovuta fantasia, gossip di 2000 anni fa. Carandini è stato consulente di Alberto e Piero Angela, attenti narratori di Roma antica, in libri e documentari per il grande pubblico. «Sempre però con l’impegno primario di non travisare il dato archeologico: se si va oltre quanto un elemento archeologico indichi, allora è facile romanzare e scadere nella fantarcheologia. La ragione e la scienza devono sempre essere rispettate».
E ragione e scienza sono alla base dell’opera: “Paesaggio di idee. Tre anni con Isahia Berlin” (Edizioni Rubettino), filosofo britannico nato a Riga nel 1907 a metà tra illuminismo e romanticismo, visto da Carandini come «una risorsa culturale in un periodo di crisi delle democrazie. Un autore che ci invita all’uso della ragione contro il buio del populismo e del fanatismo». Sul tema Carandini dialogherà con Salvatore Veca. Il libro sarà presentato oggi alle 18, alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli in via Romagnosi 3.
di Aristide Malnati
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