Il libro di Alberto Tovaglieri, La dirompente illusione. Il cinema italiano e il Sessantotto 1965-1980, si fa subito notare per i registi mancanti, ma allo storico che indaga “le contraddizioni tra lotta politica e ribellione esistenziale”, interessa quel grande cinema italiano che analizzò “l’irruzione della vita quotidiana nella lotta politica” insieme alla “pericolosa illusione che la lotta politica possa risolvere i problemi esistenziali o degli individui”. E quindi i film di Bellocchio, Petri, Ferreri, dei Taviani…
L’illusione è quella del Sessantotto e delle sue conseguenze in Italia, e dirompente lo è stata, almeno nel cinema, almeno in certo cinema. Alberto Tovaglieri, storico dell’Università di Siena, che da anni nei suoi studi utilizza il cinema per “indagare le contraddizioni tra lotta politica e ribellione esistenziale”, analizza in questo libro (pubblicato da Rubbettino) non tanto e non solo idelologie e rituali politici che da subito sono sembrati illusori e per nulla innovatori all’autore, e non tanto temi e fatti legati alle lotte politiche del Sessantotto richiamati da certi film e certi autori, quanto piuttosto “l’irruzione della vita quotidiana nella lotta politica” insieme alla “pericolosa illusione che la lotta politica possa risolvere i problemi esistenziali o degli individui”. E lo fa attraverso l’analisi di sei film italiani, tutti con una grande valenza artistica, considerando anche l’impatto emotivo che questi film o certi loro riferimenti hanno avuto sugli spettatori.
Il libro di Tovaglieri è uscito in Italia un po’ in sordina lo scorso anno, se non fosse stato per qualche polemica rispetto alla scelta di quali film analizzare e quindi quali film considerare rilevanti rispetto al Sessantotto e alle sue conseguenze, sociali e culturali, prodromi e strascichi compresi. I sei film in questione sono I pugni in tasca (1965) e Buongiorno notte (2003) di Marco Bellocchio, Indagine di un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) e La classe operaia va in paradiso (1971) di Elio Petri, La cagna (1972) di Marco Ferreri, Allosanfan (1974) di Paolo e Vittorio Taviani, intervallati da capitoli sulla ribellione giovanile prima del Sessantotto, sulla contestazione studentesca, sulla ribellione degli intellettuali e sul femminismo, sul conflitto tra vita personale e lotta politica, sul terrorismo rosso e infine un capitolo dedicato a un confronto con il documentario Do You Remember Revoluton? di Loredana Bianconi (1998).
E’ la rilevanza artistica prima ancora che il contenuto a determinare la scelta di questi film e non altri da parte di Tovaglieri, dove il singolo film non va a confermare tesi o supportare studi sociali o sociologici, grazie a un riferimento o fatto rappresentato, bensì è il valore artistico ad attribuire significati in relazione alla reazione degli spettatori, individualmente e collettivamente, e in relazione al racconto che questi film fanno della società e nella società che appunto rappresentano e interpretano artisticamente. Non è semplice riassumere in poche righe il punto di vista complesso e non usuale dell’autore, le ragioni delle sue scelte, e le sue obiezioni a tante analisi sociali e sociologiche del cinema ‘politico’ italiano di quegli anni, ragioni e scelte che sono ben spiegate nell’introduzione al libro e soprattutto attraverso l’analisi dei sei film in questione. Manca Bertolucci, indubbio narratore, attraverso il suo cinema, di quegli anni, di un certo spirito fondante e fondamentale del Sessantotto e delle conseguenze di quegli anni, questo forse il principale dubbio sollevato rispetto al libro di Tovaglieri. Si, manca, e anch’io sono stata stupita di non trovarlo fra queste pagine. Ma le scelte di un autore, se motivate (come in questo caso), sono tutte legittime, ed è interessante trovare un punto di vista e una metodologia di analisi non consueti anche se a volte difficili da comprendere, in un libro ricco di riferimenti cinematografici ma anche sociali, sociologici, culturali e politici.
Un libro erudito, forse un po’ troppo per una lettura che possa essere ampiamente diffusa e condivisa ma che mi sembra rappresenti un importante tassello negli studi su un’epoca, sociale e politica ma soprattutto esistenziale, che è passata, finita, lasciando segni importanti come anche indiscutibili illusioni, e più di un fallimento. Ma quello preso in esame da Tovaglieri insieme a tanto altro da lui qui escluso, era buon cinema, era un grande cinema (non tutto ovviamente). Chi racconta l’Italia di oggi, trasformazioni individuali e/o collettive, lotte (qualora ve ne siano), bisogni e aspirazioni, immaginari possibili, grandi illusioni anche, e soprattutto attraverso film che abbiano peso e valore artistico, non solo per l’impatto critico ma anche e soprattutto per quello emotivo sul pubblico – senza fare adesso distinzioni tra film al cinema, in televisione oppure online? Sinceramente faccio fatica a trovare un titolo… (non valgono Gomorra o La grande bellezza, per ragioni diverse, penso siano un’altra cosa).
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