Da Makemefeed.com dell’8 maggio
Confesso che aspettavo questo libro, Il mondo visto da sotto, di Walter Pedullà, edito da Rubbettino ed apparso or ora. Lo aspettavo come si aspetta chi potrebbe risolverti i dubbi, aprirti una speranza, alzare una bandiera, segnare un percorso. Lo aspettavo ora che le nebbie di Avalon hanno del tutto avvolto le generose generazioni dei meridionalisti, i Dorso, i Salvemini, consacrandone la gloria, il mito ma anche il definitivo tramonto come efficaci operatori nella storia a venire. Così la questione meridionale ritorna ma per sparire definitivamente come il dio della soluzione tragica che appariva agli occhi dello stupefatto spettatore, per spiegargli il destino dei personaggi ma per non riapparire mai più. E si capisce perché. Pedullà lo dice a chiare lettere. La globalizzazione ha rivelato un Sud dopo il Sud ed un altro ancora ed ancora in maniera ineluttabilmente infinita. Ma chi è Pedullà? Professore emerito di letteratura italiana alla Sapienza, è uomo del Sud intento a raccogliere ma solo in apparenza, i saggi composti sulla letteratura meridionale in sessant’anni di militanza critica giacché è stato collaboratore del Messaggero, del Mattino e di numerose riviste specialistiche e non. Solo in apparenza dicevo, giacché innanzitutto il testo appare un gigantesco pantheon delle glorie meridionali, da Pirandello ad Alvaro, da Lampedusa a Sciascia. Le glorie sono anche avanguardie che hanno sperimentato nuovi ed incisivi linguaggi mescolando scomponendo. Ma la cosa importante è un’altra. Il mondo è visto con umorismo con un sottile sorriso in Pirandello ma è tragico in Calabria. Lì nei racconti di Alvaro, Melusina è un ritratto tragico appunto. La prosa di Pedullà è veloce ed ha al suo interno una lieve nota di umorismo ma prevale la gravitas. La velocità cattura la mutevolezza tragica degli eventi, della condizione meridionale. Ed allora si comprende. La questione meridionale è morta ma anche risorta. Si è velocemente trasformata. Non nel senso che è divenuta settentrionale ma nel senso più profondo che si è dilatata immensamente. Essa ormai denuncia la tragedia di una disuguaglianza senza pari. Il capitalismo aveva dentro di sé la disuguaglianza nel senso che i profitti veniva interamente assorbiti da una classe egemone ma ora che la crisi è divenuta globale accade che le perdite non sono assorbite dalla stessa classe ma ricadono sulle masse globali sicché i ricchi divengono sempre più ricchi mentre la disuguaglianza si accentua fino alle formule che vediamo oggi, emigrazione imponente di interi popoli. La crisi dell’Europa è crisi strutturale e gigantesca. La questione meridionale ci aiuta a comprenderlo dato che Meridione è ormai tre quarti del globo.
di Carmelina Sicari
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