Il fascino irresistibile di Draghi sui politici italiani nel libro di Tivelli (formiche.net)

di Luigi Tivelli, del 25 Aprile 2021

Pubblichiamo un estratto dal libro di Luigi Tivelli “Dalla brutte époque al Governo Draghi, le prospettive del Recovery Plan” (Rubbettino), dedicato alla gara al “più draghiano d’Italia” che si è scatenata tra grillini, ambientalisti, esponenti del Pd, Berlusconi, appena l’ex governatore della Bce ha varcato la soglia del Quirinale per ricevere il mandato

Il professor Draghi si è rivelato, come non si aspettava chi non avesse conosciuto a fondo il suo curriculum e studiato a dovere la sua personalità, “un politico”, nel senso più nobile ed elevato del termine. D’altronde la funzione di direttore generale del Tesoro, co[1]me già abbiamo osservato, per come la esercitava lui, o la funzione di presidente della Bce, che implica la gestione di relazioni con le grandi personalità politiche dell’Unione europea e delle relazioni con i membri del board della Banca centrale e con i banchieri centrali delle banche nazionali, favoriscono lo sviluppo di vere e serie capacità politiche certamente non meno dell’esperienza della vita in un partito politico.

E così i cinque giorni passati da Mario Draghi, con seria dedizione, nello svolgimento del doppio giro di consultazioni con i partiti e nelle consultazioni con le forze sociali hanno fatto emergere anche agli occhi di chi pensava di trovarsi 63 di fronte al solito premier tecnico la personalità “politica” dell’ex Presidente della Bce. Egli ha seguito uno schema simile a quello che adottava appunto ai tempi della Bce quando usava riunire i governatori delle banche nazionali, ascoltarli con attenzione e farli parlare tutti, lasciandoli ognuno con un «vediamo…» per poi sostanzialmente ritirarsi nel suo studio e decidere da solo.

Questa sua disponibilità e capacità di ascolto, dopo aver espresso i suoi intendimenti di fondo, ha conquistato man mano i vari esponenti dei gruppi parlamentari. Eppure Mario Draghi non è certo una figura di premier “seduttore”, come era invece Giuseppe Conte, ama invece dire quello che pensa e anche le dure verità e assomiglia di più alla figura dell’«uomo che non deve chiedere» che non a quella dell’«uomo alla ricerca di facili consensi». Ciò nonostante, nel corso dei cinque giorni delle consultazioni c’è stata una corsa progressiva tra i vari leader a chi più cercava di identificarsi con il nuovo Premier, forse perché colpiti dalla scoperta della figura di un grande saggio, mentre erano abituati a figure di scaltri.

E invece come scriveva Francesco Bacone nei Saggi, «nulla provoca più danni in uno Stato del fatto che gli scaltri passino per saggi». «È uno di noi» aveva detto Grillo, come si urla nelle curve allo stadio rispetto al grande campione appena arrivato da un’altra squadra. Poi si era spinto anche più in là, fino a dire: «È un grillino». «Come noi ha escluso categoricamente qualsiasi aumento delle tasse», ha sottolineato Matteo Salvini, ed è anche contrario alla patrimoniale. Colui che con più fondamento ha potuto rivendicare la vicinanza a Mario Draghi è Silvio Berlusconi, che da tempo invocava come soluzione necessaria per il Paese «il governo dei migliori»: «[…] siamo noi che invochiamo questa soluzione da un anno», ha dichiarato Silvio Berlusconi.

Per il Pd ovviamente Draghi è «europeista come noi», mentre per le associazioni ambientaliste consultate è «ambientalista come noi», e così procede questa sorta di effetto specchio, di corsa all’immedesimazione delle varie forze in campo con Mario Draghi. Perfino Giorgia Meloni, l’unica che sarà all’opposizione, sembra aver avuto una sorta di “folgorazione” dopo l’incontro con il nuovo Premier. Il fatto è che nel corso delle consultazioni i rappresentanti delle varie forze politiche si rendevano conto che pur dall’alto della sua competenza e autorevolezza Draghi manifestava una seria attenzione e un serio rispetto verso la politica, con un approccio un po’ diverso da quello che mi sembrava essere stato quello di Mario Monti una decina di anni prima.

Non solo perché si prestava a prendere direttamente appunti, ma perché, come ad esempio riferisce Tommaso Labate sul «Corriere della Sera» di venerdì 12 febbraio, nel corso delle consultazioni, rispetto alle sollecitazioni programmatiche degli interlocutori che gli stavano davanti rispondeva con poche parole fatte spesso di un intercalare del tipo “ora vediamo”. Cioè non facili promesse, come usava fare il suo predecessore, l’avvocato Conte, ma una miscela di onestà intellettuale, correttezza e attenzione.

In sintesi, con il venir meno di stili e abitudini politiche ben diverse consolidate, anche se in pratica non conoscevano il programma, non avevano la minima idea dei posti che gli sarebbero spettati nel governo, in quella settimana di consultazioni è aumentato moltissimo il tasso di “draghismo” nelle file dei leader politici, che si è esteso anche a tutto l’arco parlamentare. Una sorta di rivoluzione copernicana per la politica italiana (che non sappiamo quanto durerà…), adusa invece al gioco delle contrattazioni e delle trattative.