Da Gnosis, rivista italiana di intelligence 23 Luglio
Il volume costituisce, nella sua sinteticità una disanima completa della crisi ucraina. Di Rienzo avvia l’analisi sostenendo che «anche la storia conosce delle ‘costanti’ e delle ‘ripetizioni’, delle ‘ricorrenze’ e queste sono causate dalla memoria di un popolo e dalla posizione geopolitica di una Nazione che a volte condannano appunto popoli e Nazioni a un tragico ‘eterno ritorno’ al passato». Con approccio geostrategico, ma senza dimenticare la dimensione storica, prosegue l’esame dell’intera questione smentendo la tesi dominante secondo cui alla Federazione Russa viene riconosciuto il ruolo di paese aggressore ed espansionista. Se, l’Ucraina, infatti è passata dalla sfera d’influenza di Mosca a quella occidentale della Nato non può negarsi che ciò sia accaduto in violazione delle dichiarazioni formali che avevano preceduto la riunificazione tedesca, secondo cui «in nessun caso la giurisdizione della Nato e quella dell’Unione Europea avrebbero potuto estendersi alle nazioni dell’Europa orientale». Tale affermazione è stata sconfessata dalla realtà: a partire dal «1991 la Russia ha arretrato la sua frontiera occidentale di quasi mille chilometri, dal confine tedesco occidentale alla frontiera con la Bielorussia», con conseguente ripiegamento verso oriente del potere a livelli mai toccati in passato. Da tali argomentazioni si dipanano le argomentazioni dell’Autore che descrive, tra l’altro, pressioni e azioni che hanno provocato il ‘colpo di mano’ di Majdan Nezaležnosti a Kiev – la notte tra il 23 e 24 febbraio 2014 – con la ‘defenestrazione’ di Viktor Janukovyc. In particolare, Di Rienzo si sofferma sul ‘Grande gioco’ che vede nell’economia emergente ucraina una tessera fondamentale, nell’intento di mantenere l’egemonia occidentale. Il paese, infatti, è il secondo dell’area europea per grandezza, ma è importante soprattutto per le risorse minerarie non ancora sfruttate e per quelle agricole. A ciò si aggiunga la posizione strategica derivante da un lungo confine pianeggiante con la Russia e dalla presenza di due importanti porti sul Mar Nero: Odessa e Sebastopoli. Le considerazioni conclusive, sebbene il testo si arresti al primo accordo di Minsk siglato il 19 settembre 2014, sottolineano che l’attuale tregua debba essere considerata una vittoria di Mosca, tenuto conto che il conflitto civile ‘congelato’ costituisce uno strumento di pressione di Putin per indebolire lo stato ucraino e influenzare la sua politica estera per gli anni a venire.
Di Corito
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