Mezzogiorno: cronache di un fallimento annunciato e di una possibile rinascita
Non ci lasciamo andare ad un banale gioco di parole se diciamo che, oggi, il Mezzogiorno non è più all’ordine del giorno. Vero è infatti che il riferimento al tema Mezzogiorno, quello che qualcuno scorrettamente (o provocatoriamente ?) ha definito “la palla al piede” del Paese, non c’è più nell’agenda politica nazionale.
Non è un caso che, nell’ormai famoso”contratto” di governo, che ha sancito la nascita di questa strana maggioranza che oggi governa il Paese, al Mezzogiorno siano stati dedicati appena 6 righe “appiccicate” all’ultimo minuto, e che quelle stesse righe dal significato ambiguo.
Benvenuto, dunque, “Coccodrillo si è affogato”, edito da Rubbettino – autore uno studioso di qualità come Pietro Massimo Busetta che ha avuto il merito di avere tenuta viva nonostante mille difficoltà la fiaccola del meridionalismo – un libro che ripropone, in pagine dense corredate da grafici e da analisi statistiche, all’attenzione del dibattito politico quello che potremmo definire il grande assente.
Busetta, affrontando lo spinoso tema del Mezzogiorno, si impegna a spazzare via – già questo è un merito del lavoro – alcuni luoghi comuni che hanno dominato il dibattito e che, tutt’oggi, si frappongono ad un’analisi corretta delle cause reali del mancato sviluppo di questa vastissima area del Paese sottoposta, soprattutto in questi ultimi anni, ad un patologico processo di spopolamento. Fatto, per Busetta, non nuovo visto che, proprio questi luoghi comuni hanno costituito un costante bersaglio di critica.
Busetta afferma, senza mezzi termini, che “il Paese ha una responsabilità notevole del mancato sviluppo di quest’area e ha il dovere di trovare vie alternative che consentano al Mezzogiorno di evitare lo spopolamento”.
Infatti, nonostante le cifre considerevoli investite lo Stato non ha fatto fino in fondo quel che avrebbe dovuto fare per riportare questa vasta area ai livelli medi di sviluppo del Paese, e per avere contezza di questo basta fare un raffronto con quanto ha fatto la Germania – imponenti trasferimenti di capitale, conoscenza e tecnologia … nonché lo sforzo infrastrutturale – per rilanciare la parte orientale dopo l’unificazione dell’89.
Il Paese, inoltre, continua ancora il nostro, doveva mettere in conto un problema che nel Sud si registra e cioè “l’assenza di classe dirigente locale …in grado di portare il Mezzogiorno fuori dall’empasse.”. Vero è infatti che le comunità locali nel Mezzogiorno sono “in mano ad élite fameliche che stentano e impediscono qualsiasi processo di evoluzione, perché attente a mantenere la loro rendita di posizione sociale ed economica”.
Ecco perché risulta necessario un qualche potere sostitutivo che dia la possibilità al centro, cioè allo Stato, di assumersi direttamente i compiti che competerebbe alle realtà locali laddove le stesse risultassero incapaci.
Per Busetta per mettere in moto un processo di sviluppo che freni il processo di spopolamento e abbandono cui il Mezzogiorno è patologicamente sottoposto, bisogna che si intervenga dal centro con urgenza creando un’offerta pari a circa tre milioni di posti di lavoro.
Il saggio che parte dalla metafora del coccodrillo affogato, cioè con uno sguardo alla storia – il fatto “con l’unità l’Italia ha voluto ingoiare un boccone troppo grosso” che non è stato finora capace di digerire – lancia infine un preciso monito: senza l’attenzione al Sud, e quindi senza politiche che gli restituiscano centralità nel dibattito politico-economico, non rischia solo il Mezzogiorno ma l’intero Paese che perderebbe dimensione demografica e peso internazionale.
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