Da Alias (Il Manifesto) del 28 maggio
Il caso Tretti, a cura di Domenico Monetti e Luca Pallanch, Roma/Soveria Mannelli, Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale/Rubbettino, pp. 170, euro 9,90.
L’avventura cinematografica di Augusto Tretti è ricostruita con vivace piglio polemico e divertita partecipazione critica dai due appassionati frequentatori di storia e controstoria del cinema italiano che firmano la curatela, sulla base dei materiali recentemente depositati al CSC.
Il suo cinema sregolato e irriducibile si affida, tra pochi altri titoli realizzati e molti progetti rimasti nel cassetto, a La legge della tromba e a il potere, i due lungometraggi che a suo tempo hanno fatto ridere fino alle lacrime Antonioni, Fellini, Flaiano, Moravia. Nel primo, Maria Boto, la cuoca di casa, interpreta anche quattro bizzarri personaggi maschili, senza dimenticare il leone ruggente della Metro. La sua tozza silhouette e il nasone dantesco sono il contrassegno del gusto della beffa di un cineasta innocente e esplosivo. Il potere – grottesca cavalcata dall’età della pietra alla società dei consumi – prende di mira Mussolini dal testone di cartapesta, travolto dall’estro derisorio di un naif che conosce Brecht. Avrebbe voluto fare La battaglia di Lissa, sulla terza guerra d’indipendenza, quasi un kolossal pauperista da girarsi sul lago di Garda e dintorni, dove giovanissimo era stato partigiano.
di Orio Caldiron
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