In “Una storia dell’epoca moderna” l’editore Rubbettino ha proposto un nuovo approccio a sei secoli che spiegano il nostro presente. In modo da affascinare soprattutto gli studenti
Jacques-Luis David, Incoronazione di Napoleone (particolare), 1805
Siamo interessati al nostro passato, sempre di più. Anzi, in un mondo in cui il futuro sembra incerto, molti ne hanno nostalgia, finendo addirittura per interpretarlo in modo da giustificare il presente. L’operazione che sottende a “Una storia dell’epoca moderna” di Fabrizio Foschi (Rubbettino, 2023) invece recupera il senso della storia come maestra di vita, riconoscendo però che non è mai uguale a sé stessa, ma comunque fondamentale per capire le radici del nostro presente. Un approccio che fornisce spunti per la didattica, per far scoprire ai giovani un periodo che li può appassionare allo studio. Lo spiega Florindo Rubbettino, presidente dell’omonima casa editrice.
La pubblicazione di Una storia dell’epoca moderna si inserisce in un contesto di uscite editoriali di manuali scolastici sempre più densi di apparati didattici che non sembrano tuttavia contrastare una perdita progressiva di memoria storica della nostra società. Come giudica tale fenomeno?
È un fenomeno complesso e, come tutti i fenomeni complessi, presenta elementi contraddittori. Non è esattamente vero che la memoria storica si sia smarrita, è forse vero il contrario. Viviamo in un’epoca di grande nostalgia del passato. Il futuro ci appare meno radioso di quanto potesse apparire un tempo e allora ci rifugiamo in quelle che Bauman ha definito “retrotopie”, basti pensare all’interesse crescente che talvolta sfiora atteggiamenti di vero e proprio fanatismo verso epoche oramai lontane, come la Belle Époque o i recenti anni Ottanta. È semmai vero che vi è un uso strumentale della storia le cui vicende vengono piegate per giustificare il presente, piuttosto che comprenderlo. Ma in fondo è sempre stato così.
È possibile a suo giudizio leggere il passato in funzione del presente o giudicare il passato per quanto è in sintonia o divergenza con il presente?
La Storia è maestra di vita, il passato dovrebbe fornire l’esperienza necessaria per affrontare il presente ma, attenzione, la storia non si ripete mai uguale a sé stessa. Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume. Alcuni aspetti possono essere simili, le circostanze possono persino apparire uguali ma cambiano i protagonisti e ciò che è simile non è mai identico. La storia può darci suggerimenti, metterci in guardia come fa ogni buon pedagogo, ma non può indicarci con certezza la via. Sta a noi affrontare il rischio di vivere. Ecco perché le retrotopie sono come ogni utopia rischiose, perché dipingono mondi apparentemente desiderabili ma che alla prova dei fatti si rivelano fasulli.
Quale valore la casa editrice attribuisce alla storia e come si inserisce il libro di Foschi nell’area culturale della Rubbettino?
La storia e la storiografia sono una costante della casa editrice Rubbettino che nel 2023 festeggia il suo 50esimo anno di attività. Abbiamo sempre riservato grande attenzione alla storia e agli studi che ricostruissero il passato ritessendone la trama. Questo volume sulla storia dell’epoca moderna di Fabrizio Foschi è un tassello che si inserisce perfettamente in questo quadro. In particolare, l’opera si caratterizza per il suo tentativo di rispondere a questioni cruciali nello studio dell’età moderna. Il ruolo di un editore è sempre quello di coprire spazi e colmare lacune, offrire riflessioni e interpretazioni che possano rispondere a domande inevase. Il libro corrisponde a questa esigenza per vari motivi, non solo perché i quindici capitoli di questo libro partono proprio da domande, una per ogni capitolo, ma anche perché le risposte che ne costituiscono la trama si concentrano sulle cause che hanno determinato alcuni fenomeni e processi caratteristici della modernità. Si tratta dunque di un volume che tematizza molto, anche se non rinuncia alla forma narrativa propria delle opere storiche. Vi sono infine alcune brevi ma importanti focalizzazioni che a loro volta rispondono ad altri quesiti.
Quali aspetti di novità a suo giudizio propone l’opera?
Più in generale, l’opera risponde a un’urgenza inevasa relativa a nuove riflessioni sulla storia moderna. Chiariamo meglio questo punto. Per quanto riguarda gli interessi storiografici più diffusi e il dibattito pubblico degli ultimi decenni, la materia di cui si occupa il libro potrebbe apparire come terreno per specialisti, essendo la storia moderna uscita dal panorama del “mainstream” e relegata nello spazio dei cultori di questo periodo. Invece in quest’epoca, che nel libro dura circa sei secoli, si ritrovano le radici del nostro presente che richiede di essere compreso per come è radicato nel passato. Bisogna aggiungere che certi periodi passati, come l’Ottocento, sono stati sepolti da una certa polvere e considerati come fasi sulle quali si è detto tutto quello che era possibile dire. Invece, e lo vedo dal nostro osservatorio e dal punto di vista di una casa editrice che pubblica la rivista Rassegna storica del Risorgimento, c’è una rinascita e una rifioritura di studi che si occupano di un tempo tutt’altro che morto. La stessa cosa credo possa dirsi a proposito della lunga durata della storia moderna che il volume aiuta a comprendere.
In che modo il testo incontra il lavoro che viene fatto in classe?
Pur non essendo propriamente un manuale scolastico, si intreccia con i bisogni di un pubblico molto particolare che è quello dei mediatori rispetto al mondo dei più giovani: educatori e insegnanti, che possono trovare nuovi spunti per approcciarsi alla didattica. Sia Cardini nella prefazione che l’autore, in varie parti del libro, insistono sul fatto che la storia è una riserva di imprevisti, di fatti imprevedibili. Questo è un aggancio molto importante che può letteralmente appassionare le generazioni più giovani, in qualche modo attratte e affascinate dalla imponderabilità delle vicende storiche e da quello che in qualche modo le governa.
Il formato ampio del libro è una novità nel panorama librario. Può spiegarne le ragioni?
Siamo convinti come casa editrice che, in un’epoca di immaterialità e volatilità, la persistenza dei libri sia molto legata all’oggetto libro, alla sua qualità. Il libro non è solo un grande contenitore di dati, tesi e quant’altro, è anche un oggetto con il quale si instaura una relazione fisica. Noi, patria del made in Italy, siamo abituati a fare prodotti belli che il mondo ci invidia. Abbiamo pensato che un libro come questo, che fin dal sottotitolo ci parla di spazi, di trame e di personaggi, avesse bisogno di un contenitore di una certa importanza che in qualche modo lo presenta come un oggetto bello da vedere, da sfogliare. Andiamo in questo senso un po’ controcorrente rispetto alla moda dell’immateriale e del sempre più piccolo, come se gli oggetti che ci servono dovessero scomparire dalla nostra vista. Abbiamo voluto dare un’aria di importanza al dipanarsi degli argomenti, quasi come se si trattasse di un catalogo d’arte.