I Terroni 2.0? Sono rivoluzionari (Il futurista)

di Ludovico Sansevero, del 16 Dicembre 2011

Da Il futurista – 16 dicembre 2011
«Cosa consente a una società contemporanea di crescere e prosperare? Non le materie prime, né la quantità di manodopera o la ricchezza accumulata. È il capitale umano ciò che davvero conta, la capacità delle persone di inventare cose nuove, di creare ciò che non c’era. Prima della dicotomia tra pubblico e privato, tra Stato e mercato, c’è il valore degli individui». Si apre così Terroni 2.0(edito da Rubbettino), il pamphlet di Piercamillo Falascadedicato alle centinaia di migliaia di giovani meridionali che studiano e lavorano al Centro-Nord e all’estero. C’è chi li invita a «non mollare», a «non abbandonare» e a scommettere sul Mezzogiorno, implicitamente insinuando che chi va via rinuncia, perde, tradisce. Non è così, secondo l’autore del volume: «l terroni 2.0 che lasciano il Sud per studiare e lavorare altrove sono dei veri rivoluzionari, affermano una loro personalissima dichiarazione d’indipendenza, rinunciando alla rete di protezione che li circonda, scegliendo di farsi artefici del proprio destino e non vivacchiare in perenne attesa del “posto”, del favore, del permesso». Gli appelli a non partire o a tornare sono inutili, se non dannosi: i terroni 2.0 non torneranno a vivere “a casa”, visitano la loro terra d’origine solo per qualche giorno di vacanza e magari per una cerimonia particolare. Dovunque andranno – tuttavia – continueranno a sentirsi figli del Sud, un’appartenenza che non è un marchio da cancellare, bensì un aspetto dell’identità quotidiana rielaborato in salsa globale. E allora, questa è la tesi del vicepresidente di Libertiamo, è più opportuno provare a stimolare una «coscienza di classe» nell’animo di questi nuovi emigrati contemporanei, invitandoli a partecipare alla vita pubblica del Mezzogiorno anche a distanza.

In un dialogo itinerante, Falasca alterna le sue riflessioni a quelle di tredici giovani professionisti meridionali che – da Milano a Washington, passando per Roma e Dublino – si fanno strada nel modo. In una fase drammatica per la storia e l’economia nazionale, la speranza dell’Italia e del Mezzogiorno deriva anche e soprattutto da questo esercito di menti brillanti. «I giacimenti culturali valgono più di quelli petroliferi», usa dire Gianfranco Fini. Come un libero governo in esilio, hanno il compito di organizzare la resistenza culturale, diffondendo l’eresia del merito e della legalità. Sono queste le “rimesse” che i terroni 2.0 possono spedire a casa: il know-how e una nuova forma mentis.

Di Ludovico Sansevero

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