da Il Garantista del 18 Giugno
Fuoriclasse e outsider, allenatori e arbitri, celebri dittatori e giornalisti. Ma pure il soldato in servizio allo stadio e persone comuni. Tutti nelle emozioni senza tempo dei campionati del mondo di calcio. Fatti veri per storie inventate dove lo sport – indiscusso luogo dei popoli e dell’anima, quintessenza di sentimenti estremi, amplificatore di miserie e grandezze – si fa pretesto per una narrazione che è autentica letteratura. Diciannove i racconti di Pezzi da 90, la nuova attesissima pubblicazione di Stefano Marelli per Rubbettino Editore, da Uruguay 1930 a Sudafrica 2010. Dopo l’esordio sorprendente con il romanzo “Altre stelle uruguayane” (sempre Rubbettino), apprezzato da pubblico e critica, vincitore dell’edizione 2013 del concorso letterario “Parole nel vento” e ora Premio selezione al Bancarella Sport, Marelli torna a narrare di calcio come metafora della vita. «Nel mio primo romanzo si parlava di calcio in modo quasi accidentale, benché il protagonista avesse avuto un passato da calciatore – ci dice Marelli, nato a Cantù ma cresciuto a Chiasso dove oggi vive e lavora -. Mi premeva raccontare dello scambio di identità e delle identità molteplici. Il tutto in un determinato periodo storico, quello del Ventennio fascista, con i suoi paradossi, le sue bellezze, le sue tragedie. Con “Pezzi da 90”, invece, il mondo del pallone è davvero al centro del libro. Per ciascuna delle edizioni dei mondiali, c’è una voce narrante che ci racconta la sua vicenda, si confessa, svela retroscena». Un’idea nata quasi per caso, l’anno scorso, quando già si cominciava a parlare dei mondiali brasiliani: «Mi sono tornati in mente personaggi, episodi curiosi, tutta roba legata alla storia della Coppa del Mondo. La sfida consisteva nello scovare personaggi marginali che però offrissero buoni spunti per la narrazione. Così mi sono tuffato in questa nuova avventura. Ho scritto il primo racconto (Uruguay 1930) all’inizio del settembre scorso, ho visto che stava in piedi e l’ho mostrato a Paolo Galli, responsabile delle pagine sportive del “Giornale del Popolo” di Lugano. Gli ho detto che avrei potuto fargli avere materiale di quel livello per ogni edizione del Mondiale, fino a quella del 2010. Parallelamente, ho contattato anche Luigi Franco, direttore editoriale della Rubbettino. Se avesse ritenuto validi i miei testi, avremmo potuto riunirli in volume e pubblicarli alla vigilia di Brasile 2014. L’idea gli è piaciuta, i racconti pure, e così è nato il libro. Fra l’altro, il titolo, secondo me azzeccatissimo, lo ha trovato proprio Luigi Franco. Scrivendo mi sono regalato la chance di far parlare gente del calibro di Gianni Brera, Nereo Rocco, Gigi Meroni. Spero di averne tracciato ritratti all’altezza. Alla fine, comunque, sono davvero soddisfatto della qualità di questo lavoro. Credo che raccoglierà consensi come e più di “Altre stelle uruguayane”». E il prossimo libro? «Il prossimo sarà ancora un romanzo ma con il pallone non ha niente da spartire» conclude sorridendo.
di Maria Teresa D’Agostino
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