Da Il Corriere della Sera del 7 gennaio
Ti consiglio di vedere Renzi a Roma, presso la sede del Pd per una serie di motivi. 1) Sfatare un tabù: pensa al tuo ingresso al largo del Nazareno e al giro del mondo che faranno quelle immagini. 2) Questa trattativa, al di là della sostanza, che in questo caso è vita, ti riporta al centro della politica. 3) Pensa all’importanza di un incontro pubblico con il segretario del Pd, proprio nei mesi in cui volevano renderti “impresentabile” e trattarti da “pregiudicato” espulso dalla politica. Ora invece, ricevuto nella sede del Pd, saresti uno dei padri fondatori della Terza Repubblica». Sono i suggerimenti di Denis Verdini a Silvio Berlusconi prima dell’incontro che il 18 gennaio del 2014 darà inizio al Patto del Nazareno, è uno delle migliaia di report con cui per anni l’ex coordinatore di Forza Italia ha offerto analisi e suggerimenti al «presidente». E attraverso questi promemoria che si snoda il resoconto di quasi due anni di storia politica nazionale, racchiusi in un libro che racconta del fallito accordo sulle riforme tra il capo del Pd e il fondatore del centrodestra, ma anche della crisi di un partito e di un leader artefici di un ventennio.
Il Patto del Nazareno (edito da Rubbettino), sarà pure una versione di parte, siccome a scriverlo è stato Massimo Parisi, giornalista e deputato che ha lasciato Forza Italia per seguire Verdini nel gruppo parlamentare di Ala. Ma l’uso dei documenti ufficiali e delle dichiarazioni pubbliche irrobustisce la trama che ruota attorno alla trascrizione dei famosi report di Verdini, il Virgilio della storia. E anche il suo artefice, se è vero che fu lui a contattare Renzi, di cui – scrive Parisi – non aveva «neanche il cellulare». Un modo per smentire che i due si conoscessero e per smontare l’idea di un patto alle spalle del capo. «Io sono come Bruno Contrada», disse il mediatore forzista al telefono con Gianni Letta, e l’accostamento all’ex capo della Mobile di Palermo gli servì per spiegare «il mio modus operandi»: «Per fare le trattative sto un po’ da una parte e un po’ dall’altra. Ma non può per questo essere messo in dubbio da che parte sto».
All’inizio della storia Verdini descrive Renzi come «uno che, tolta la rottamazione, non si sa cosa sia. Fin qui è stato un perfetto trasformista. Ma ora dovrà aprire la scatola e verrà il difficile». In quella fase è il «presidente» a stravedere per Renzi e per frenarne la deriva «giovanilista», Verdini dipinge così la segreteria del Pd: «Non è un mirabile cenacolo di Pico della Mirandola, ma un gruppo di segretarie e segretari». Nel promemoria c’è il «boy scout» Luca Lotti, il cui «profilo appare, non solo per età e inesperienza, oggettivamente modesto». C’è Debora Serracchiani, che «studia faziosità da Rosy Bindi». C’è Marianna Madia, «così giovane eppure con una lunga vita politica alle spalle», da aver «già girato tutte le correnti del Pd». C’è Federica Mogherini «la solita solfa gnè- gnè-pacifismo-femminismo-europeismo». C’è Maria Elena Boschi che «bella è certamente bella, a dire poco. Più adatta però al tema forme che al tema riforme». E c’è Lorenzo Guerini «forse l’unico davvero bravo. Lontano dallo stereotipo del trinariciuto».
Per Verdini arriverà «il momento della conversione» al renzismo, che Parisi storicizza nel report del 7 aprile 2014, quando il mediatore si accorgerà che il Patto è in pericolo e invierà a Berlusconi una lettera titolata «ll pericolo di non decidere»: «Diceva Jean-Paul Sartre – sì era un filosofo comunista ma anche loro l’azzeccano – che “ciò che non è assolutamente possibile è non scegliere”. Non scegliere, per il nostro movimento politico, potrebbe essere esiziale. Ora, se è vero che i messaggi di Renzi sono slogan, sono pur sempre efficaci. Somiglia a quel genio che nel 2001 propose un patto con gli italiani…».
Ma Berlusconi – a giudizio dell’autore – sta già cambiando verso. E a giugno il Patto muore «nella mente e nella pancia» del leader di Forza Italia, dopo il 41% di Renzi alle Europee. Se così stanno le cose, perché la trattativa sì trascinerà fino agli inizi dell’anno seguente? In un report di novembre Verdini critica Berlusconi per «un certo grado di schizofrenia politica» nel rapporto con Ncd, «forse convinti dell’ennesima favola bella che faranno cadere il governo… e che contemporaneamente modificheranno la Severino e che… gli asini volano… non tutti ma quelli rosa sì!!».
È forse in ballo il tema della «agibilità politica» di Berlusconi? C’entra qualcosa il decreto per la riforma dei reati tributari redatta dal governo nel gennaio 2015, che – come ricorda Parisi – «avrebbe potuto cancellare la condanna a Berlusconi e restituirgli persino la candidabilità? All’autore di questo testo, pure addentro alle cose segrete del Patto, non è noto se questa norma facesse parte di qualche tipo di accordo sotterraneo. I protagonisti lo hanno sempre escluso. Nei report di Verdini non ne ho mai trovato cenno». Sarà, ma quel capitolo del libro si apre con una battuta che Parisi sente fare a Berlusconi «il 10 gennaio 2015»: «Tanto Renzi non ci darà un bel nulla». Ufficialmente la rottura avviene dopo la corsa per il Quirinale. Al termine dell’ultimo colloquio tra Renzi e Berlusconi, Verdini scrive al premier un sms: «Matteo, ti capisco ma cerca di capire la situazione. 1) Tu non hai mai messo un veto su Amato. 2) Silvio lo ha sempre messo su Mattarella. Questi sono i fatti. Ps: oggi è messa in crisi la fiducia sempre riposta in te della quale ho sempre sostenuto la sincerità». È finita. E sta per finire anche la storia di Verdini con Berlusconi. L’ultimo report è del 27 marzo, che il mediatore invia anche a Gianni Letta e Fedele Confalonieri, come a esortarli di aver cura del vecchio leader.
«Caro presidente, dopo aver buttato via il patrimonio politico del Patto del Nazareno, intendi cestinare anche l’immenso patrimonio politico che hai costruito in venti anni? Pensi davvero di poter fare una guerra senza quartiere al “dittatore Renzi” (…) mettendo il futuro del partito in mano a un mediocre sinedrio? Ma sarebbe ingiusto prendersela con loro: quello che accade è quello che tu vuoi»
di Francesco Verderami
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