«Guardate che questi vi stanno fottendo». Onore Beppe Sala che, alla presentazione del libro della collega di partito Anna Ascani “Senza maestri, storia di una generazione fragile” (Rubettino), rimette sul tavolo l’emergenza più dimenticata del nostro Paese: quella dei giovani dimenticati dalla politica e penalizzati da politiche di governo che gridano vendetta. Parla soprattutto di Quota 100 e Flat Tax, il sindaco di Milano – che ormai in molti già vedono come un leader politico nazionale – e anche in questo caso è difficilissimo dargli torto: difficile chiamare altrimenti due interventi da circa 15-20 miliardi di euro l’anno che favoriscono i baby boomer in procinto di andare in pensione e i redditi medio alti, che stando a tutte le rilevazioni statistiche sono ad appannaggio di chi ha da 55 anni in su.
Difficile dargli torto perché ormai non resiste più nemmeno la retorica dei “posti di lavoro liberati da chi va in pensione”. Gli ultimi dati Istat sul mercato del lavoro certificano che il massimo storico del tasso d’occupazione è dovuto proprio alla permanenza dei lavoratori anziani sul luogo di lavoro, che l’unica coorte d’età in cui non cresce è quella tra i 15 e i 24 anni e che il divario tra il tasso di occupazione generale (9,9%) e quello della disoccupazione giovanile (30,5%) continua ad aumentare.
«Il problema è che pare che i primi a non averlo capito sono proprio i giovani, che le indagini demoscopiche rilevano tra i più accesi sostenitori di questo governo anti-giovani. Prima, in massa sul carro dei Cinque Stelle, trascinato alla vittoria del 2018 dagli under 35. Poi, dietro al piffero del Capitano Matteo Salvini»
Uno dice: ci penseranno i Cinque Stelle. No, ci dispiace. Del reddito di cittadinanza – come col Jobs Act, al giro precedente – è partito tutto tranne le politiche attive del lavoro. E di misure pro-giovani, per la prossima finanziaria, non se ne sente nemmeno l’odore. Per dire, tra le pieghe dei taglietti necessari a evitare la procedura d’infrazione c’è un taglio di circa 500 milioni agli investimenti per l’edilizia scolastica, che scendono da 740 a 297 milioni di euro. Anche in questo caso, silenzio tombale. Nel frattempo, come rileva puntualmente il sempre attento Francesco Seghezzi di Adapt, siamo un Paese in cui solo il 62,8% dei laureati italiani dopo tre anni ha un lavoro. La media europea è del 85,5%, in Germania si parla del 94,3%, in Spagna del 77,9%. Peggio di noi, solo la solita Grecia. Ma va tutto bene, benissimo.
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Ha ragione Beppe Sala: questo governo sta fottendo i giovani (ma i giovani se ne fottono)