Il 10 luglio scorso il lanciatore italiano Vega decollato dalla Guyana francese si è inabissato nell’Oceano Atlantico con a bordo un satellite militare degli Emirati Arabi. Un incidente non rilevato dai «radar» dei media, così come poca risonanza è stata data al black-out di Galileo, la flotta satellitare civile dell’Unione Europea. Con uno scarno comunicato, il 13 luglio l’agenzia europea «Global Navigation Satellite System Agency» ha annunciato sul suo sito il malfunzionamento del sistema e ha esortato gli utenti a non utilizzare i segnali per questioni di sicurezza. Secondo quanto riportato dalla Gnss, il problema che ha causato lo spegnimento globale della rete di satelliti Galileo sarebbe dovuto a un «incidente tecnico correlato all’infrastruttura di terra». Un incidente avvolto ancora nel mistero (alcuni hanno ipotizzato un sabotaggio), che per alcuni giorni ha messo fuori uso 22 dei 26 satelliti artificiali orbitanti.
Quello stesso giorno il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron davanti alle forze armate, alla vigilia della Festa della Repubblica del 14 luglio, ha annunciato la nascita di una forza militare dello Spazio. Macron non ha parlato espressamente di nuove minacce da fronteggiare, ma ha utilizzato la formula di «nuove zone di confronto» come il «cyber-spazio e lo spazio eso-atmosferico». E ancora.
Il 29 agosto il presidente americano Donald Trump ha ufficializzato la nascita della US Space Command, cioè un nuovo comando, che avrà anche un corpo operativo (Space Force), specificatamente dedicato alle attività nello Spazio. «Questo è un giorno storico, uno di quelli in cui riconosciamo che lo Spazio è centrale per la sicurezza e la difesa dell’America». Trump ha dichiarato che il comando proteggerà i satelliti statunitensi e controllerà i lanci di missili nemici. «La concatenazione degli eventi non è una coincidenza», sostiene Marcello Spagnulo, ingegnere aeronautico, presidente di Mars Center e autore del libro «Geopolitica dell’Esplorazione Spaziale», edito da Rubbettino e con prefazione dell’astronauta Luca Parmitano. «Questi fatti – prosegue – sono sintomatici di quello che sta accadendo oltre l’atmosfera terrestre, a centinaia di chilometri sopra le nostre teste: lassù le superpotenze si stanno preparando alla guerra (per ora fredda). Lo Spazio sarà il campo di battaglia del futuro per avere la supremazia sulla Terra».
Attualmente nello Spazio ci sono flotte di satelliti che non sono ancora armati. Sono dotati di telescopi ottici e sistemi radar che servono per comunicare, osservare la Terra e localizzare e fotografare persone o oggetti sotto i 20 centimetri. I satelliti permettono per esempio di rilevare lo stato di avanzamento di una centrale nucleare, di fare da ponti radio per le comunicazioni della flotta navale. La guerra che si può combattere con gli strumenti a disposizione oggi è una cyber-guerra di tipo informatico per disabilitare i satelliti. «Già da tempo – spiega Spagnulo – negli arsenali delle nazioni più potenti dal punto di vista militare, sono presenti armi dedicate al disfacimento delle capacità operative satellitari. Scenari di guerra spaziale comprendono missili anti-satellite (già sperimentati da almeno un decennio), ma anche e soprattutto operazioni di disturbo e di hackeraggio dei segnali provenienti da e per i satelliti».
Ma chi sono i protagonisti della guerra fredda spaziale? «Chi ha le flotte di satelliti più numerose», spiega Spagnulo. «In primis gli Stati Uniti, che hanno circa 800 satelliti per scopi governativi in orbita, di cui quasi la metà di tipo militare. Avversari sono la Cina e la Russia, che hanno una forza armata e una flotta spaziale significative. Ma per competere alla pari dovrebbero lanciare nuovi satelliti e siccome non riusciranno a eguagliarli in numero nei prossimi anni, cercheranno di neutralizzare quelli avversari».
L’Italia nello Spazio è presente con Cosmo – Skymed, una rete di quattro satelliti lanciati dalla base militare Usa di Vandemberg in California tra il 2007 e il 2010. Nel 2017 è stato messo in orbita per l’osservazione della Terra Optsat-3000. L’Europa unita al momento ha soltanto la rete di Galileo che è di tipo civile e non militare. Le nazioni più grandi hanno lanciato satelliti militari propri, ma al momento non esiste un organismo militare europeo comune, anche se esistono progetti di cooperazione tra Stati.
Una collaborazione necessaria, visto che nessun Paese europeo può reggere da solo la concorrenza delle super-potenze. «Russi, cinesi e americani stanno sviluppando sistemi laser spaziali – conclude Spagnulo – e ora sembra che lo voglia fare anche la Francia. Stiamo per entrare in una fase nuova: in un futuro prossimo lo Spazio sarà militarizzato, con stazione spaziali dotate di armi laser e missili ipersonici. La competizione globale (che passa anche dalla supremazia militare) non si giocherà più soltanto sulla Terra e nel cielo, ma oltre l’atmosfera».
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