Da Il Sole 24 Ore del 9 marzo
Conoscere la vicenda della Cassa per il Mezzogiorno e soprattutto i suoi rapporti con la Banca Mondiale significa centrare uno degli snodi decisivi della storia economica dell’Italia del secondo dopoguerra. Troppo spesso la Cassa per il Mezzogiorno è stata liquidata da una facile pubblicistica come mero carrozzone politico clientelare, non cogliendone le diverse fasi storiche. Eppure, per comprendere quella che Adriano Giannola definisce la «stagione d’oro del neomeridionalismo» occorre ragionare sulla tanto discussa industrializzazione del Sud, l’attuazione della riforma agraria e soprattutto ricostruire i rapporti che intercorsero tra la International Bank for Reconstruction and Development (Ibrd), meglio nota World Bank, e i governi italiani del dopoguerra. Una stagione che prese le mosse dal piano messo a punto a Milano da Pasquale Saraceno e Rodolfo Morandi, all’epoca a capo del Cril Alta Italia, che portò nel 1946 alla nascita della Svimez, “Think tank operativo” che orientò le risorse concordate con gli Alleati per finanziare la ricostruzione dell’apparato industriale del Sud. Quindi alla nascita ne11950 della Cassa, secondo l’ispirazione di quella tradizione di pensiero che da Francesco Saverio Nitti a Gaetano Salvemini aveva affermato che senza sviluppo del Mezzogiorno la crescita di tutta l’Italia non sarebbe mai giunta ai livelli delle grandi nazioni industrializzate.
Lo storico dell’economia Amedeo Lepore, dopo qualche anno di impopolarità degli studi su questo argomento, propone il saggio La Cassa per il Mezzogiorno e la Banca Mondiale. Un modello di sviluppo per il Mezzogiorno che attingendo a nuovi dgcumenti resi disponibili dalla Banca Mondiale affronta la vicenda dell’intervento straordinario guardandolo dalla prospettiva internazionalista, sul versante americano dei documenti della World Bank. Va peraltro osservato che la riscoperta di una stagione virtuosa dell’intervento straordinario era stata fatta per primo da Roberto Napoletano che nel saggio Se il Sud potesse parlare riscopre la figura di Gabriele Pescatore, il “grande elemosiniere” che garantì l’autonomia e l’efficienza dei primi quindici anni della Cassa.
Nel 1950, Luigi Einaudi, in un articolo intitolato «Tempi lunghi», aveva sostenuto la tesi che la realizzazione di infrastrutture fisiche e morali avrebbe dovuto precedere al Sud l’industrializzazione. In altre parole occorreva porre fondamenta etiche e amministrative prima delle fabbriche. Come affermò Guido Carli: «Sviluppando il pensiero di Giustino Fortunato, Einaudi argomentava che non si può promuovere un processo di sviluppo se non si suscita un livello più elevato di istruzione, anche civica, e quindi, una partecipazione più diretta alla gestione delle amministrazioni locali. Lo Stato doveva costruire lo Stato laddove era cronicamente mancante». Affermazioni che si innestano sulla famosa polemica “macchine o maccaroni”, iniziata nella fase antecedente alla nascita della Cassa e che si protrarrà per alcuni decenni. Sono tanti gli spunti documentali che Lepore offre. In due rapporti datati settembre 1953, riservati e resi consultabili solo nel 2010, la World Bank analizza i primi risultati dell’intervento straordinario con «un riconoscimento generale, estremamente positivo, dell’attività svolta dalla Cassa fino al giugno 1953», con la Cassa che si «segnalava per le sue capacità di gestione del piano e per il suo staff di alto livello qualitativo». Gabriele Pescatore aveva fatto riferimento alla Tennessee Valley Authority, come modello di governance , ma furono i risultati a parlare più di tutto, l’ammontare degli investimenti industriali passò dal 14% degli anni 5o al 22% degli anni 6o, fino al 33% degli anni 7o. Il valore dell’industria del Meridione, che nel 1951 era pari al 57% di quello del Centronord, passò a circa il 76% nei decenni successivi. Il Sud ebbe la capacità di crescere più del Nord in alcuni indicatori chiave come i consumi alimentari, il reddito lordo pro capite (che ne11955-56 al Nord lievitò del 6,8 e al Sud dell’8,6), vani costruiti e finanche registrazioni di automobili.
La prima Cassa, come si rileva dai documenti americani, si mosse soprattutto sul terreno delle grandi infrastrutture: bonifiche, strade, acquedotti, fognature, miglioramento fondiario, ferrovie. La World Bank non solo provvedeva alle risorse finanziarie, direttamente o attraverso operazioni collegate col settore privato, ma controllava anche a valle l’efficacia di quanto si era realizzato.
Si aprì in questo modo una stagione virtuosa, mai più ripetuta, che accorciò alcune distanze fra le due parti del Paese. Nell’introduzione l’economista Giuseppe Di Taranto offre una valutazione riassuntiva affermando che la Cassa «nella sua fase iniziale servì a ridurre le distanze tra il Sud e il Nord a promuovere la modernizzazione produttiva del Mezzogiorno e a dare impulso al processo di industrializzazione negli anni del boom economico». Poi arriveranno le pressioni della politica e la dilatazione clientelare della Cassa ma questa è un’altra storia.
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