Da Avvenire del 20 dicembre
All’inizio era la sceneggiatura di un film sull’usura, argomento che allora dominava sui giornali: un lavoro mai realizzato perché il produttore ci ripensò poco prima di cominciare le riprese. Gli mancavano i soldi. Ma lo screenplayer e regista Giulio Questi il copione ce l’aveva nel computer e, smaltita la rabbia per quel secco “no”, trasformò il suo testo in un romanzo dai ritmi svelti, cinematografici, appunto. Ora, a un anno esatto dalla morte dell’autore, la casa editrice Rubbettino lo ha pubblicato con il titolo Effetti & scadenze (pagine 202, euro 15.00). È un noir alla Scerbanenco, anzi, un pulp metropolitano, ma della specie più nobile, che parla della bramosia di denaro, di balordi e cravattari, affari sporchi, cambiali, debiti e impegni non rispettati, spietate agenzie di recupero crediti e imprenditori presi per il collo. Ma è anche un ritratto della Roma sfacciata e nascosta degli anni ’90, quella delle periferie ribollenti di nuovi e falsi ricchi, abbacinati dalla prima vittoria elettorale di Berlusconi, evento che ritenevano, illudendosi, una strada aperta verso il proprio “successo”. Dalle pagine del libro esce un mondo dove lupi e agnelli, vittime e carnefici, si confondono miseramente annaspando nel fango dell’usura. Potrebbe essere un prequel di Suburra. Ma più che altro è un’anticipazione – profetica – dei temi e di certi personaggi di “Mafia capitale”, un affresco in chiaroscuro del periodo in cui attecchirono i germi dello scandalo che esploderà a Roma nel dicembre del 2014 trascinando dentro anche i politici. Un romanzo criminale sui generis, Effetti & scadenze.
Lo stile di Questi è asciutto, essenziale, la narrazione ricca di colpi di scena e immagini che sorprendono, ribaltano quasi il lettore, con un intreccio di episodi da brivido e personaggi che entrano ed escono dalla scena, sempre alle prese con soldi da prendere e restituire con interessi da capogiro a un exparà senza scrupoli e pistola alla mano. Che il cineasta bergamasco fosse uno scrittore di razza lo sapevamo già: la sua raccolta di racconti sull’avventura resistenziale vissuta a 18 anni tra le montagne della Valtellina, Uomini e comandanti (Einaudi, 2014) si è aggiudicata il Premio Chiara. La Rubbettino aveva edito, un anno fa, con il supporto del Centro Sperimentale di Cinematografia, una sua autobiografia dal titolo Se non ricordo male, farcita di documenti e testimonianze raccolti dai critici Domenico Monetti e Luca Pallanch: il romanzo di formazione di un novantenne.
Giulio Questi, sceneggiatore, regista e combattente per la libertà scomparso a Roma il 3 dicembre 2014 a quasi 91 anni, è una figura dimenticata dalla “cultura ufficiale”: eppure è stato un geniale protagonista del secolo scorso, autore di documentari di impegno civile girati nei posti più sperduti del mondo, di fiction televisive e popolari spot per Carosello. «Ho preparato carte d’identità false per gli ebrei, ho bocciato poesie del giovane Pasolini e i provini delle esordienti Sophia Loren e Sylvia Koscina, ho fatto da guida a Le Corbusier, pranzato con Rossellini e Orson Welles e diviso i ricordi di guerra con Fenoglio – racconta – ero il pupillo di Elio Vittorini ma sono diventato famoso nella Roma degli anni ’50 per aver fatto cadere dalla Lambretta Vasco Pratolini nel parco di Villa Borese…». Lavorò, di nascosto, Questi, come aiuto regista di Antonioni, recitò per Fellini ne La dolce vita e per Germi in Signore & Signori, dirigendo film a fianco di Montaldo, Zurlini, Rosi e Petri. Tra i suoi “capolavori misconosciuti” al cinema, il western Se sei vivo spara con Tomas Milian e i surrealiArcana con Lucia Bosè e La morte ha fatto l’uovo con Gina Lollobrigida e Jean- Louis Trintignant. Oreste Del Buono lo chiamava, non a caso, “Il Bunuel della Val Brembana”.
di Fulvio Fulvi
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