da Libro Aperto del mese di Dicembre
Per i tipi della casa editrice Rubbettino è stata pubblicata una pregevole raccolta di scritti di Giovanni Russo, che assume i caratteri di un “reportage” sulla terra estrema della Calabria e s’inserisce nell’alveo di iniziative analoghe assunte da molti scrittori e giornalisti meridionalisti.
La raccolta parte dalla metà degli anni Sessanta e descrive la spinta al cambiamento e alla modernizzazione impressa dai processi migratori interni e dallo spostamento massiccio di popolazione dal Sud arretrato al Nord industrializzato. Per quanto riguarda la Calabria Giovanni Russo evidenzia i limiti e le contraddizioni del cosiddetto miracolo italiano in un’area, come quella calabrese, le cui ragioni economiche e storiche risalivano a periodi lontani.
Giovanni Russo non era convinto che il riscatto dei “cafoni” sarebbe avvenuto soltanto al Nord e non condivideva la mitologia sulla centralità della fabbrica secondo la quale la “rivoluzione” e il “mutamento” sarebbero dipesi soltanto dalla classe operaia, considerando il mondo contadino immobile e rassegnato.
L’esodo biblico avviato negli anni Cinquanta rischiava, infatti, di dissolvere la civiltà contadina e un intero universo di fatiche e di miserie, ma anche di valori e di saperi con il risultato di un generale impoverimento umano e sociale.
La Regione si era messa in moto e le migliorate condizioni di vita, igienico-sanitarie e alimentari portavano i calabresi, come tutti i meridionali, lontano dal mondo della fame, anche se continuava a costituire il problema più grave della nazione.
Come con la storia del gambero più si progrediva nel resto d’Italia e più aumentava il ritardo della sua area estrema. La Calabria, osservata e descritta da Russo, è in bilico tra passato e presente, tradizione e modernizzazione, prospettive nel settore agricolo e sogni d’industrializzazione. L’industria appare ai più l’unica prospettiva per arrestare il flusso migratorio, mentre, a torto, sono considerate non idonee e comunque non sufficienti le vie dell’agricoltura e del turismo per migliorare le condizioni di vita della popolazione.
Altra questione posta nei suoi scritti è quella della pluralità d’interessi di comunità, che pur vivendo nella stessa Regione, non si sentono unite con analoghi problemi e con la necessità di trovare soluzioni comuni.
A leggere gli scritti del 1964 si resta sorpresi nel vedere come riesce a cogliere i segni inquietanti di quella che sarebbe stata la “faida” per il capoluogo regionale e poi la “rivolta” di Reggio Calabria, individuando la spiegazione nella circostanza che gli uffici pubblici costituiscono le principali fonti di reddito per la piccola e media borghesia meridionale e, indirettamente, per i ceti che le gravitano attorno, dai commercianti agli artigiani, ai contadini.
Dalle analisi critiche e propositive, che vanno da metà anni Sessanta a metà anni Settanta emergono, accanto alle speranze, conflitti, tensioni e grandi sogni e, con sempre maggiore evidenza e preoccupazione, il rapporto malato tra criminalità e politica, lo scempio del paesaggio, lo strapotere della ‘ndragheta e la sua crescente penetrazione anche nelle città del Nord.
Intanto la questione meridionale con il passare degli anni cede il passo ad una retorica e malintesa questione settentrionale e la Lega inizia a parlare di separatismo e indipendenza del Nord in disprezzo del federalismo sognato da uomini illuminati del Nord e del Sud, che aveva come meta l’unione e non la separazione delle due Italie.
Russo nei suoi scritti prende le distanze dagli atteggiamenti antimeridionali, ma non fa la difesa d’ufficio del Sud e di fronte alla cancellazione del Sud dall’agenda politica alla domanda che fare ripropone un nuovo meridionalismo dotato di un progetto politico e di un programma economico e sociale condiviso, confermando l’Italia unita e l’Europa come orizzonte ineludibile di riferimento.
Quest’estate istituzioni qualificate, come l’Istat e lo Svimez, hanno lanciato un preoccupato allarme sulle condizioni socio-economiche del Mezzogiorno e sulle prospettive di decrescita e di aggravamento del fenomeno della disoccupazione anche per il 2014.
Le indicazioni emerse nel “reportage sulla Calabria” possono essere utili a individuare politiche capaci di coniugare la crescita e il lavoro e di rianimare i comparti (piccole e medie imprese e servizi) che sono i più colpiti dalla crisi ed evidenziano l’attualità di proposte della cultura meridionalistica e, in particolare, del meridionalismo liberale, di cui Giovanni Russo è un degno alfiere.
di Savino Melillo
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