“In Italia bisogna fare una rivoluzione liberale nella burocrazia. Bisogna passare dalla cultura del sospetto della Pubblica amministrazione verso imprese e cittadini a una cultura della fiducia. Passiamo da un regime autorizzativo asfissiante, come quello attuale, a un sistema basato sull’autocertificazione, in cui i controlli, rigorosi e approfonditi, si fanno ex post. Solo in questo modo possiamo davvero sbloccare il nostro paese ma mi sembra che di tutto questo non si sia discusso agli Stati Generali”. Francesco Delzio, manager, profondo conoscitore del sistema delle imprese, docente Luiss, è soprattutto autore di “Opzione zero”, (Rubbettino, 2014) libro che racconta come negli ultimi 20 anni, nella gran parte dei casi in cui un ministro, un sindaco, un dirigente pubblico, un grande imprenditore si è trovato di fronte ad una decisione strategica ha scelto l’opzione zero: ha deciso di non decidere, per non rischiare e per non assumersi responsabilità a causa di un sistema che incentiva la paralisi.
Mi sembra che l’evento di Villa Pamphili non l’abbia molto entusiasmato, almeno per quanto riguarda la parte sulla sburocratizzazione.
Diciamo che un fantasma s’aggira per quella Villa ed è la semplificazione. Del resto, basta prendere il piano con cui il governo si è presentato alle parti sociali per capire l’antifona. Da quello che si legge sui giornali ci si è limitati a semplici titoli: un approccio timido, poco concreto, senza profondità e coraggio. Non so quanto ci sia di utile per abbattere il mostro burocratico italiano. Capisco bene la delusione delle associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria.
Bisogna aspettare il Decreto Semplificazione per sperare in una svolta?
Proprio perché Conte ha ripetuto mille volte che l’altra gamba della ripartenza – assieme al Dl Rilancio – sarebbe stato appunto quello sulla semplificazione amministrativa, mi sarei aspettato che agli Stati Generali si discutesse di provvedimenti concreti. Stiamo parlando di un decreto che dovrebbe smontare quello che reputo il freno maggiore alla crescita del paese almeno negli ultimi vent’anni. Mica poco. Viviamo in un paese paralizzato dove vige il paradosso che non decidere, non assumersi responsabilità alla fine è più conveniente che rischiare e decidere. Confido in uno scatto di reni del governo Conte.
Quali sono le cause concrete che ci hanno portato a questa situazione?
Gliene dico tre, che messe assieme fanno capire perché tanti dirigenti pubblici soffrono del celeberrimo “blocco della firma”. La prima: il reato di abuso d’ufficio che c’è in Italia non ha eguali in altre legislazioni europee, sia per vastità d’applicazione che per frequenza d’utilizzo che ne fanno i giudici. La seconda: la responsabilità per danno erariale che la Corte dei Conti può contestare ai dipendenti pubblici è attivabile sia per dolo che per colpa. A mio avviso dovrebbe esistere solo per azioni dolose. Terza: il sistema di valutazione dei funzionari e manager pubblici è un sistema in cui il rischio di decidere non viene in alcun modo premiato. Visto che i premi vengono presi dalla quasi totalità dei dirigenti per la quasi totalità delle somme è ovvio che si configura più come una integrazione allo stipendio che un vero meccanismo premiale. E poi ci sarebbe una questione più di fondo.
Quale?
Quella culturale. In italia vige il dominio della cultura giuridica di rito bizantino, e i manager pubblici sono preparati quasi esclusivamente su quello, poco o niente sulla parte economico-gestionale di un amministrazione. Gli stessi concorsi sono strutturati per assumere ottimi giuristi, non ottimi gestori.
Problemi atavici della Pubblica amministrazione italiana. Cosa c’è di nuovo?
Di nuovo c’è che in una fase drammatica come questa che stiamo vivendo non ce li possiamo più permettere. Lo sa che nel Dl rilancio sono previsti ben 90 decreti attuativi per farlo funzionare? E che lo stesso decreto prevede interventi attraverso 74 fondi pubblici diversi? Si capisce perché alla fine i soldi fanno fatica ad arrivare a imprese e famiglie.
Il Csc, il Centro studi di Confindustria, ha stimato che Francia e Germania sono stati più veloci di noi nella risposta al Covid da un punto di vista dei provvedimenti economici.
Appunto. Questo report ci dice che la politica italiana è stata più lenta nel reagire rispetto ai nostri partner europei. E temo che saremo ancora più lenti anche nell’execution ovvero nell’attuazione delle misure diventate legge. Per non parlare poi del fatto che già adesso della grande mole di risorse messe a disposizione con i primi due decreti del governo sono arrivati solo pochi miliardi alle imprese. Anche qui siamo indietro a Germania e Francia, come dimostra il caso emblematico della cassa integrazione.
E l’anno prossimo dovranno anche arrivare i soldi europei, i famosi 172 miliardi del Recovery Fund. Dobbiamo essere preoccupati anche per quelli? Non riusciremo a spenderli?
Il rischio c’è. La burocrazia è una sorta di imbuto: per quanta acqua possa arrivare in entrata, ne esce solo poca in uscita. Eliminiamo questo imbuto. Facciamo finalmente una rivoluzione liberale nella Pubblica amministrazione.
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