Da Il Giornale di Vicenza del 26 agosto 2015
Per quanto gli ideali europei appaiono in declino e la crisi economica abbia alimentato il vento dei nazionalismi, il processo di integrazione comunitaria disegnato dal movimento federalista durante la seconda guerra mondiale rimane il più importante progetto politico tutt’ora in campo nel vecchio continente. E’ a tale progetto che si ispira il libro di Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancaria Italiana, con un lungo trascorso politico nel Partito liberale. “Nuova Europa o Neonazionalismo”, Rubettino editore, è un libro ricco di richiami storici, per ricordarci cos’erano l’Italia e l’Europa divise da frontiere interne, saccheggiate da gabellieri di ogni sorta e martoriate da eserciti in perenne conflitto.
Ma è anche un libro sul futuro dell’Europa in un mondo che cambia in fretta. Dove il nostro sviluppo economico e civile potrà riprendere la corsa solo se instradato nel doppio binario formato da integrazione sovra-nazionale e riforme interne. Purtroppo, il legame fra Europa e riforme continua a essere vissuto in Italia in modo ambiguo. Da un lato è stato spesso usato come vincolo al quale ancorare cambiamenti che non avevamo la forza politica ed etica di imporci da soli: pensiamo al tetto sul debito pubblico o alla spinta alle liberalizzazioni, ma anche agli investimenti in ricerca e alle regole per la trasparenza dei dati o per una gestione sostenibile delle risorse ambientali.
Dall’altro è stato impiegato come parafulmine politico sul quale scaricare le proteste economiche e sociali. Anche a causa della deformazione professionale dell’autore, Euro e unione bancaria occupano nel testo uno spazio privilegiato.
Tuttavia, le riflessioni non scadono mai in tecnicismi, mantenendosi sull’analisi politica e misurandosi con gli interessi di lungo periodo della comunità. Questo richiede anche la responsabilità di prendere in considerazione il controfattuale dell’integrazione: quali costi comporterebbe l’abbandono dell’euro per l’Italia che assomma elevato debito pubblico e mancanza di risorse energetiche? Come sarebbe la vita economica e sociale in un’Europa nuovamente divisa da frontiere e sistemi monetari e regolamentari distinti? Certo, se gli ideali europei hanno perso l’appeal di un tempo, qualche responsabilità spetta anche ad un processo di integrazione incompleto, dominato da logiche burocratiche e interessi nazionali.
L’Unione Europea, sostiene Patuelli, è in realtà un’unione spuria, dove convivono livelli di integrazione che non combaciano fra loro. Infatti, se con la moneta unica l’Europa ha assunto una forma federale, con le politiche fiscali rimane tutt’al più una confederazione di Stati, per tornare un insieme di nazioni indipendenti quando si affrontano questioni come la politica estera e di difesa. Proprio qui sta la principale lacuna dell’Europa, problema ben chiaro a figure eminenti della nostra storia repubblicana, quali Luigi Einaudi e Guido Carli. Entrambi, ricorda Patuelli, erano convinti che senza moneta unica e un’univoca politica economica, i Paesi della vecchia Europa sarebbero ricaduti nella confusione monetaria e non sarebbero riusciti a mantenere quel grado di mercato unico che ha consentito di risollevarsi da una guerra sanguinosa, creando le condizioni per uno sviluppo pacifico e una prosperità che ha ancora pochi eguali al mondo. L’Europa, dunque, non può essere vista solo come processo economico ma quale modello di democrazia.”
Di Giancarlo Corò
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