Recensione a: G. Ragazzini, Una scuola esigente. Educazione, istruzione, senso civico, pref. di G. Belardelli, Rubbettino, Soveria Mannelli 2023, pp. 174, € 15,00.
Chissà cosa avranno da dire i “soliti noti” a proposito di questo libro di Giorgio Ragazzini che richiama l’attenzione sulla necessità che una scuola esigente rappresenti finalmente un punto di riferimento inderogabile per il nostro sistema formativo.
Come sappiamo fino ad ora molti dei “soliti noti” a proposito di una scuola che si richiami all’impegno e al merito hanno sempre dimostrato una vera e propria repulsione. Una repulsione che in realtà maschera dietro il loro finto progressismo una vera e propria nostalgia per un passato da anni “ruggenti” che riemerge spesso in loro con la medesima demagogia di un tempo e magari anche con le stesse parole d’ordine. Lo stesso atteggiamento che hanno manifestato per la gran parte degli altri temi e iniziative messe in atto dal Gruppo di Firenze, di cui Giorgio Ragazzini fa parte.
Temi e iniziative, tanto per fare qualche esempio, legate innanzitutto alla necessità di attivare una seria preparazione e selezione del personale docente, di organizzare la scuola superiore di secondo grado con il sistema dei livelli anziché con le sole classi o riprogettare la formazione professionale secondo i migliori canoni europei e di certe nostre Regioni quali, per esempio, il Trentino, il Friuli Venezia Giulia e altre regioni del Nord.
Il filo conduttore di tutto il percorso del Gruppo è legato alla valorizzazione del merito, di fatto un valore riconosciuto solo dalla nostra Costituzione ma poco apprezzato sul piano effettivo per cui, come è sempre accaduto fino ad ora, per i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, è quasi impossibile accedere ai gradi più alti degli studi. Se tutto ciò poteva essere comprensibile, storicamente s’intende, rispetto ad una scuola come era quella dei primi decenni successivi alla seconda guerra mondiale, quando appunto la scuola e la società erano di fatto ancora classiste, oggi non lo è affatto perché, per fortuna, la nostra scuola superiore è diventata di massa e per almeno due anni obbligatoria. Rispetto al dopoguerra molte cose sono cambiate e, malgrado ciò, la nostra scuola finalmente di massa non permette quel riconoscimento che è uno dei cardini perché si possa creare una vera e propria democrazia avanzata. E di questo, e di tutto quello che impedisce l’affermarsi di una società avanzata, culturalmente e civilmente, il saggio di Ragazzini ne spiega le cause: culturali, sociali e perfino di carattere politico-sindacale. Cause tutte quante sottomesse al dominio e alle certezze della demagogia dei nostri disgraziati tempi che coinvolgono, appunto, tutte le strutture del nostro sistema sociale, a partire dalle famiglie e dalle loro responsabilità nel diseducare i propri figli rispetto a quei valori e principi educativi che dovrebbero sostenere la nostra vita sociale. E Giorgio Ragazzini lo fa in una maniera assai chiara e sempre accompagnata da riferimenti precisi e ben documentati e da proposte concrete, come si addice ad un ex docente sempre costantemente attento ai problemi della scuola e a tutti gli altri ad essa connessi. Proprio come un bravo docente è abituato a fare con i suoi allievi, ovverosia offrendo proposte, percorsi, idee su come provare a cambiare le cose senza confidare nei dogmi e nelle parole d’ordine astratte.
Non sempre, purtroppo, nei saggi che trattano i problemi della scuola si trovano puntuali legami, tra la pars destruens e la pars construens, a tutto svantaggio naturalmente della seconda, forse anche perché a molti di coloro che si occupano di scuola manca spesso l’esperienza diretta della didattica e la conoscenza profonda e reale del complesso mondo scolastico. Non è il caso di questo lavoro e lo dimostra anche lo stretto legame e consequenzialità degli argomenti che legano le dieci aree tematiche che il saggio prende in esame. In particolare, mi preme sottolineare quelle che maggiormente insistono su come la “retorica” si sia imposta nella maggior parte dei problemi che affliggono la nostra scuola, a partire dalla svalutazione dell’impegno in tutti i suoi aspetti (da riferirsi non solo agli studenti), fino a cogliere nella svalutazione della disciplina e nelle retoriche sull’inclusione le soluzioni di comodo che una pedagogia populista e cialtronesca ha imposto alla scuola e di conseguenza ad una società che è sempre più il frutto di tale cialtroneria. Ma c’è altro, tanto altro in questo lavoro per dirla con Umberto Saba, davvero onesto e perciò chiaro e nei suoi fini addirittura nobile, visto che si propone di indicarci, a mio parere riuscendovi pienamente, come ricostruire o costruire, citando il paragrafo conclusivo del libro, Il senso civico come capitale sociale. E si capisce chiaramente come sarà senza ritorno il destino del nostro Paese se non creiamo almeno nei cittadini del futuro quel capitale. Che non c’è. Né ci potrà essere se la scuola continuerà ad essere sottomessa ad una politica fatta di retoriche e demagogiche aspettative.