Dal Sole 24 Ore del 30 marzo
«E noi in cambio non dobbiamo fare niente?», chiede Eduardo De Filippo dal suo balcone che affaccia su un vicolo napoletano all’invisibile professore suo dirimpettaio riflettendo sulla bella notizia degli aiuti che verranno al nostro Paese, e in particolare a Napoli e alla Campania, dal Piano Marshall ideato dagli americani per la ricostruzione del nostro Paese uscito malamente da una guerra voluta e rifiutata. Siamo nel 1949, ma il balcone ricorda quello di Questi fantasmi, la commedia che Eduardo scrisse e mise in scena nel1946 costruendovi su sua misura il personaggio dell’«anima in pena» Pasquale Lojacono, che preferisce scambiare per fantasma l’amante della moglie Maria, l’«anima perduta». Portato infelicemente allo schermo due volte (dallo stesso Eduardo nel 1954 con un fiacchissimo Rascel, romano, e Maria Frau, sarda, e da Renato Castellani con Gassman e la Loren nel 1967) ha il suo brano più noto proprio nel monologo di Lojacono, celebre anche per la minuziosa descrizione del modo giusto di fare il caffè secondo le abitudini napoletane. Di esso conosciamo l’interpretazione che ne dette Eduardo grazie alla televisione e a una ultima e commovente rappresentazione, per un seminario universitario a Montalcino. Non si conosceva invece il curioso adattamento del monologo in chiave politica, finanziato dagli americani all’interno della massiccia impresa di propaganda attuata dagli Usa nel nostro e in altri Paesi europei, nel cuore della guerra fredda che li opponeva all’Urss e che infuriava più che altrove in Italia perché il partito comunista italiano era il più forte nel «mondo libero».
Lo ha ritrovato Sergio Bruno tra i tanti materiali d’archivio della Cineteca Nazionale, e ne ha curato un dvd che comprende anche il monologo di Montalcino e un curioso «invito al voto» di Eduardo in tre minuti e mezzo per le elezioni del 1948, finanziato dai Comitati civici catto-democristiani. Invito al voto, non avo – tare per una parte precisa, così come l’apprezzamento del Piano Marshall è condotto dall’attore- autore sul filo di una abilissima equidistanza: domande, interrogazioni, dubbi, nel riconoscimento tuttavia della positività dell’intervento americano per quanto potesse rimediare ai disastri della guerra.
Se l’appello al voto per le elezioni del ’48 appare pienamente sincero, qui, a proposito del Piano Marshall, Eduardo affronta con particolare accortezza il ruolo delicato di un propagandista dell’America, al punto, pare, di non soddisfare i suoi committenti, se il suo monologo fu visto pochissimo. Gli americani, dice David Ellwood in uno degli interventi del volume, dovettero rendersi conto ben presto che non era così facile convincere i popoli interessati che l’aiuto loro offerto era solo dettato da generosità e altruismo. Ai lavori contenuti nel volume, se ne aggiunge adesso un altro: Sogno e realtà, film di 6 minuti del quale si ignorava l’esistenza, ritrovato e restaurato dalla Cineteca Nazionale e dall’Archivio del cinema d’impresa di Ivrea, che sarà proiettato per la prima volta a Roma venerdì prossimo. Si tratta di un ulteriore “invito al voto”, ma narrato invece in chiave più fantastica e onirica, come un dialogo con le ombre. Se in Napoli milionaria (1945) si trattava di far passare la «nuttata», se in Filumena Maturano (1946) i tre figli illegittimi di Filumena volevano anche rappresentare, come lo stesso Eduardo ha indicato, le componenti politico sociali che potevano contribuire alla rinascita del Paese (ìliberali, i cattolici e il popolo di sinistra), in Questi fantasmi la storia era uno sfondo generico e perfino trascurabile, e il dilemma era quello dell’illusione o volontà d’illusione di matrice pirandelliana in cui si dibatte un piccolo-borghese confuso, così come appare confuso, travolto dagli avvenimenti, l’Eduardo che vedemmo in un film dimenticato, Uno tra la folla di Cernesi e Tellini, dentro una vera e propria guerra civile, ben diverso da quello di La vita ricomincia di Mattoli dov’era un saggio conciliatore: la vita doveva continuare e la pace trionfare nella società come nelle famiglie. Vennero girati tra il ’45 e il ’46, quei due film, negli anni della passione politica risorgente e delle grandi scelte collettive, e fu proprio Eduardo a dare un volto credibile ai dilemmi del Paese, assumendosi coscientemente una responsabilità affine a quella che si assunsero un Rossellini o un De Sica, ma avendo dalla sua un volto, un’immagine, e la credibilità che ne derivava.
Eduardo fu un uomo di sinistra e non negò mai le sue simpatie (a volte perfino un po’ estremistiche, soprattutto negli ultimi tempi e di fronte al disordine morale italiano, da cui si dichiarava preoccupato e spaventato), ma fu anche il capocomico che doveva districarsi nelle difficoltà di mandare avanti un’impresa che coinvolgeva molti, una vasta «famiglia» e compagnia, la sua «baracca», il suo carro di Tespi.
Di Goffredo Fofi
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