da l’Avvenire del 25 Maggio
Non sono pochi i libri che, nel tempo, hanno testimoniato di come fra le pareti di un monastero, o nelle celle di un eremo, si sia più vicini alla reale comprensione dell’uomo, del mondo e della storia, che non nel distratto frastuono di una città o, specialmente oggi, al contatto elettronico di strumenti mediatici di comunicazione e diffusione. Ce ne dà brillante conferma Gianni Di Santo, esponente attivo di un giornalismo culturale avveduto e provveduto, offrendo una raccolta di riflessioni firmate da Alessandro Barban, priore benedettino di Camaldoli, ardente roveto di sapienza e intelligenza, sensibilità e misura, nel volumetto a quattro mani Il vento soffia dove vuole (Rubbettino, pp. 132, euro 10). Il vento, ovviamente, è quello dello Spirito, forza che unifica uomo e Dio, argine alla disgregazione, all’odio e alla violenza; alle tenebre e alla menzogna. Uno Spirito in “condominio” tra tempo ed Eterno, rapporto bidirezionale che dà frutti di amore, gioia, pace e perseveranza; bontà, benevolenza, fedeltà e mansuetudine. È ampio lo spettro dei temi trattati da Dom Barban: il nostro futuro, singolo e sociale, terreno e trascendente, lungo le ore e i giorni del tempo cronologico, le durate del tempo come avvenire e destino, l’infinito dell’eternità come tempo di Dio. La storia intera dell’uomo e della Chiesa, dalla creazione all’annuncio del Vangelo, dalla Scolastica agostiniana alla tarda modernità del tripudio scientifico e tecnologico. Ci sono capitoli apertamente critici, altri di ripasso delle verità teologiche e teologali, altri rivoluzionari e neo-profetici – verrebbe da dire.
Leggere questo libro è un poco come essere là, nell’eremo del priore, nel silenzio mistico e veritativo delle più profonde rivelazioni della Parola: ora all’eco del discorso della montagna, ora al brusio dell’orante spiritualità dei monaci; ora dentro l’esercizio delle “prove” (testimonianza, verifica, privazione…) alla luce dell’ora et labora della Regola. Illuminante la storia dell’Ordine, dalla fondazione ai giorni nostri (più di un millennio di terrestri e celesti peripezie e vicissitudini) così come le pagine sul cammino del monaco, che si stacca dalla società caotica, esasperata, assai spesso di disumano malessere, per porsi all’ascolto del silenzio, che non è un vuoto, ma «la presenza di una assenza», cioè a dire attesa di una finale felicità senza confini. Prorompenti le riflessioni su Papa Francesco, tra gioia umana d’una grande promessa da tempo attesa e finalmente mantenuta nel segno della trasparenza, della disponibilità, del dialogo, del bene comune e della tenerezza. Camaldoli è un bosco nella foresta appenninica, un abbraccio a-temporale, una pratica di solitudine e una dimora di assoluto: una comunione tra terra e cielo, un momento appassionato di tensione umana e divina, ecclesiale e sociale. Da qui, più che da altrove, e ora più che mai, il giovane priore Barban può giustamente avere «l’impressione che siamo di fronte a un vero cambiamento epocale nel modo di annunciare la buona notizia.
di Claudio Toscani
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