Derivano dalla stessa radice – popolo – ma non sono la stessa cosa. Anzi: hanno idee diverse e conducono a destini diversi. Flavio Felice, docente di Storia delle dottrine politiche all’università del Molise, presidente del centro studi Tocqueville Acton e varie altre cose importanti – ha scritto un libro per approfondire una straordinaria intuizione di Luigi Sturzo: il popolo è il soggetto della politica, ma il modo diverso di pensare e di fare politica conduce il popolo a esiti diversi. La differenza è abissale. Il popolo del populismo è una massa indistinta e coesa di individui che si fa sempre guidare da un pastore unico, da un capo-popolo. Il popolo del popolarismo non è una massa omogenea ma un insieme articolato, plurale, differenziato, refrattario al “capo” eppure rispettoso delle leggi che si è dato. L’art. 2 della nostra Costituzione è un esempio del popolo del popolarismo: la personalità del singolo si svolge nelle formazioni sociali che compongono la nostra esperienza: possiamo ricordare la famiglia, la comunità, la scuola, l’associazione, il partito, il sindacato, il Comune, la parrocchia e quant’altro è corpo intermedio. Quindi anche il partito è… parte, non è un tutto. Nella concezione di Sturzo il partito non è il vertice che fa sintesi di tutto il vivere civile, ma solo una parte del tutto: quella che interpreta la dimensione politica della vita pubblica: la politica è l’arte dell’utile possibile applicata agli affari della cosa pubblica.
Il popolo, dunque, non è un oggetto da conquistare o da (ab)usare per fini personali, ma un soggetto che, semmai, pone dei limiti al potere, che ispira il principio del bene comune. Così anche lo Stato, che non è il tutto, ma una parte della cosa pubblica. Di qui il rifiuto da parte di Sturzo di parlare di eticità dello Stato e di senso dello Stato. Si pensi anche all’uso disinvolto dell’espressione servitore dello Stato, alla quale fa da contraltare la più sobria ed equilibrata civil servant, come rappresentazione di un ordine civile plurarchico, nel quale la dimensione politica non esprime l’apice, ma uno dei sistemi che interagisce e interferisce con altri sistemi (economico, sociale, culturale, religioso ecc.), con pari dignità civile. Insomma lo stato è un mezzo, un mezzo attraverso il quale si conquista e si esercita la libertà. La libertà, ci ricorda Sturzo, richiede una perenne vigilanza: i colpi di sonno sono sempre in agguato. Il popolo, a volte, sonnecchia.
Insomma, il libro arriva in un periodo storico in cui il protervo populismo sembra avere la meglio sul più sobrio e gentile popolarismo. Il populismo sollecita un’emotività rancorosa e chiassosa che non fatica a farsi notare, a ergersi a paladino delle ingiustizie sociali e individuali. Una politica fatta così non va lontano, produce disastri e spacca il tessuto connettivo che – con fatica – il popolo del popolarismo costruisce con pazienza. La storia di questi anni lo chiarisce bene. Dunque leggete e diffondete questo libro, un’opera scientificamente fondata e studiata. A qualcuno – che si agita sulla scena politica – potreste anche regalarla, vedete voi…
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