Da It.Paperblog.Com
Sono molti gli osservatori che, in Italia e altrove, non concordano con la spiegazione ufficiale delle recenti vicende ucraine divulgata dai maggiori quotidiani e da buona parte dei mass media. Sembra infatti a costoro che non si possano scaricare tutte le colpe sulle spalle della Federazione russa e, soprattutto, che non sia utile addebitare una crisi così pericolosa soltanto all’aggressività e alle pretese mire imperiali di Vladimir Putin.
I dubbiosi hanno ora a disposizione un ottimo libro scritto da Eugenio Di Rienzo, docente di Storia moderna alla “Sapienza” di Roma, intitolato “Il conflitto russo-ucraino. Geopolitica del nuovo dis(ordine) mondiale”, da poco pubblicato per i tipi di Rubbettino Editore. Nonostante le dimensioni ridotte, l’opera offre una disamina completa della situazione senza sposare tesi precostituite e mettendo in chiaro che le responsabilità – come sempre avviene nella storia – non vanno ricercate in un solo campo.
Di Rienzo mette in chiaro sin dall’inizio che la molla originaria della crisi dev’essere fatta risalire al “tentativo degli Stati Uniti di spingere l’Ucraina nella NATO e, quindi, di preparare il terreno per la definitiva disintegrazione della Russia come Grande Potenza”. A un simile tentativo Mosca ha reagito con una serie di mosse senza dubbio pericolose ma, al contempo, indispensabili per bloccare il dispiegarsi completo dell’operazione. Qualora infatti l’Ucraina fosse stabilmente inserita nel blocco dominato dagli USA, le frontiere sudoccidentali e meridionali della Federazione diventerebbero in pratica indifendibili.
L’autore rammenta a tale proposito che “nei primi mesi del 1990, il ministro degli Esteri tedesco-occidentale Hans Dietrich Genscher e il Segretario di Stato James Baker, consapevoli che i sovietici non sarebbero stati disposti a ritirare le loro forze dalla Germania orientale in assenza di sufficienti garanzie per il futuro, dichiararono formalmente che non ci sarebbe stata alcuna espansione dell’Alleanza Atlantica verso est, dopo il ricongiungimento delle due Germanie, e assicurarono Shevardnadze e Gorbacev che mai e in nessun caso la giurisdizione della NATO e quella dell’Unione Europea avrebbero potuto estendersi alle Nazioni dell’Europa orientale”.
Certo il quadro internazionale è da allora cambiato, ma risulta chiaro che l’Occidente (Stati Uniti, NATO e UE) non ha onorato quel patto. L’espansione dell’Alleanza Atlantica è avvenuta a macchia d’olio e altrettanto dicasi di un’Unione Europea che, in materia di politica estera, riceve indicazioni dagli Stati Uniti.
Molto interessante, inoltre, la breve rassegna della storia ucraina. Un Paese diviso in tre zone. Una parte orientale russofona e per ovvi motivi vicina a Mosca. La parte occidentale che guarda a Polonia e Stati baltici, con Varsavia desiderosa di ripristinare la sua antica supremazia su Lituania, Bielorussia, parte dell’Ucraina e Lettonia, “sancita dall’Unione di Lublino del 1569 e sopravvissuta fino alla terza spartizione dello Stato polacco (1795)”. E infine una parte centrale più “opaca” nella quale la divisione non è così chiara.
Di Rienzo non esita a definire gli eventi del 23-24 febbraio 2014, quando Janukovyc fu defenestrato, “un ben orchestrato colpo di mano, presumibilmente portato a termine con la complicità di una parte delle cancellerie occidentali”. Né si perita di sottolineare la pericolosità dei movimenti di estrema destra che combattono contro gli insorti filorussi. Si tratta, in gran parte, degli eredi di Stepan Bandera, creatore di una “legione ucraina”, collaboratore dei nazisti, ferocemente antisemita e poi proclamato “eroe nazionale dell’Ucraina” dal presidente filo-occidentale Juscenko nel 2010.
Nel libro viene a più riprese citato Henry Kissinger, con la sua insistenza per la creazione in Ucraina di uno Stato federale rispettoso di tutte le componenti a attento a non sottovalutare gli interessi di Mosca. Gli americani hanno invece scelto di perseguire una linea vicina a quella di Zbigniew Brzezinski, già Segretario di Stato con Jimmy Carter, da sempre favorevole al muro contro muro con i russi.
Di Rienzo è quindi in piena sintonia con coloro che – anche negli stessi Stati Uniti – giudicano l’azione della Russia, più che espansionistica e aggressiva, “ispirata a una strategia eminentemente difensiva, del tutto differente, ma certo non meno rischiosa per la pace mondiale, dal confronto ingaggiato dall’URSS contro Europa occidentale e Stati Uniti nel secondo dopoguerra e terminato tra 1990 e 1991”. Senza dubbio il focolaio è tutt’altro che spento, e a tale proposito l’autore conclude che la responsabilità maggiore va cercata nelle mosse “azzardate e scomposte” di USA e UE.
di Michele Marsonet
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